giovedì 17 giugno 2010
ISTANBUL - Quartieri storici BALAT, FENER e FATHI
E' qui che ho trovato la mia Istanbul. Il volto tradizionale e vero di Istanbul.
Tra quartieri che sanno portarti indietro nel tempo, tra persone genuine, colori e influenze storiche.
In questi tre quartieri: Balat, Fener e Fatih.
Apprezzo i quartieri fuori dal tempo, quegli scorci dimenticati e fuori dal lusto e dalla vita frenetica.
Dopo le memorabili immagini delle bellle e maestose moschee, della mistica Cisterna Basilica, del grande Palazzo Topkapi, i parchi, l'affascinante bazar delle spezie...con merci di ogni tipo, il ponte di galata con i pescatori, Ortakoy con quella moschea sul mare tanto carina, la modernità di Beyoglu, l'aria francese di Cucurkuma con negozi di antiquari e i bistro behemien, mi è apparsa una Istanbul totalmente inaspettata.
Case di duecento anni fa, in legno, colorate, scrostate, di mosaico.
Bambini, carretti, donne velate, bottegucce d'altri tempi, supermercati minuscoli e panifici di una volta.
Strade in salita di sanpietrini millenari, qui son passati tutti ebrei, greci, pascià, ottomani... in una città da sempre di stranieri.
In queste vie sembra di fare un salto nel passato. Carretti, venditori ambulanti.
Donne che calano il secchio dalla finestra per comprare e tirare in casa la merce senza scendere, scuole piene di bambini vivaci e sorridenti, la vista del corno d'oro tra le case colorate.
L'Unesco ha persino avviato un progetto di riqualificazione in questi quartieri acquistando e ristrutturando alcune abitazioni. Nonostante ciò sia a Balat che a Fener non ho visto nemmeno un turista.
Questi quartieri per me sono stati una vera e propria scoperta.
Vie senza tempo nelle quali si respira ancora il passato attraverso le case in stile ottomano in legno o colorate, in armonia con i molti monumenti religiosi. Le vie sono un continuo sali scendi quasi labirintico. Dall'alto si vede il mare e la sponda asiastica.
E' quasi impossibile accorgersi del cambio di quartiere, se non grazie alle targhe sulle vie che oltre al nome della via stessa, indicano il quartiere. Vie semidesertiche con piccolissime botteghe e panifici, che piano piano si popolano di bambini, uomini e donne.
BALAT è lo storico quartiere ebraico, lo è stato sia durante il periodo bizantino sia durante il periodo ottomano.
Istanbul è da sempre terra di stranieri in cui convivono religioni e culture diverse e la convivenza interreligiosa ha sempre caratterizzato questa città.
Gli ebrei hanno lasciato il quartiere dopo il terremoto del 1894, spostandosi in parte nel quartiere di Galata ed emigrando in Israele. C'è una miscela di bellezza e degrado che crea contrasto magnetico.
Qui tra le case storiche e colorate un pò ristrutturate accanto ad altre in pessimo stato, ci sono molte minuscole botteghe e sinagoghe. Panni stesi alle finestre o su fili che vanno da un balcone all'altro. Si vede che è un quartiere povero, quasi dimenticato dalla Istanbul moderna che guarda all'europa e in giro ci sono solo bambini che giocano o venditori che con il loro carretto urlano il loro richiamo.
Qualche donna si affaccia e acquista frutta o verdura, scope o stracci.
Le persone sono sempre contente quando facciamo delle foto. Io quasi mi sento in imbarazzo, qui unici turisti, a fare un sacco di scatti. Scorci di case con inferiate e balconcini, a volte in mattoni rossi, altre in legno, molte colorate e persino ricoperte di mosaicini azzurrini o grigini.
Il fascino di questi quartieri si sente mentre ci incamminiamo per le strade lastricate in pietra, su per una salita ripida tra balconcini rettangolari o a punta sempre colorati. Spuntano panni o tappeti, piccole tettoie colorate e case in legno non più alte di tre o quattro piani. Le donne sono in maggioranza velate, almeno sul capo, e molti degli uomini portano la barba musulmana. Il quartiere è un dedalo di vicoli che scendono da tutti i lati, interotti da scalinate e da case alte e strette o ad angolo. Bottegucce e piccoli supermercati si susseguono, insieme a barbieri e panifici d'altri tempi, sembra di tornare indietro di cinquantanni.
E' sicuramente il mio genere, si, sono affascinata da tutto ciò che mi circonda. In lontananza dall'alto si vede la sponda asiatica e il profilo delle moschee sullo sfondo.
L'atmosfera è molto particolare tra questi scorci e i bambini dietro le inferiate delle finestre che ci chiamano e sorridono. Le strade salgono su per la collina e i bambini più grandi giocano a calcio in salita. Sembra che il tempo non sia mai passato e la percezione che abbiamo è sempre quella di sicurezza e gentilezza, da parte degli abitanti. Tutti sorridono quando i nostri sguardi si incrociano. Mi affascina pensare che qui ci hanno abitato un pò tutti tra bulgari, greci, armeni, ebrei, turchi.
Passiamo davanti ad una moschea in cui ci sono decine di donne completamente velate e nere. E' uno scorcio bellissimo, solo donne nere in questo cortiletto bianco. Fanno cenno a me e la mia amica che possiamo entrare. Ce ne restiamo lì un pò in silenzio in contemplazione, poi togliamo il disturbo.
Il Quartier di FENER era chiamato Fanari in greco ed era il quartiere abitato in epoca ottomana da Greci ortodossi.
E' curioso sapere ch ed e oggi resta l’unica delle 79 chiese greco ortodosse della città a non essere mai stata trasformata in moschea. Qui le strade sono ancora più intricate e labirintiche.
Il fondo stradale è fatto da sampietrini ultra centenari su viette che diventano più strette e ripide. Scorci autentici e quasi dimenticati di queste case colorate. Le antiche costruzioni di legno non ancora restaurate, tutte malconce rendono l'impressione di coglierne una storia lontana.
Qui tra questi colori ci sono sempre bambini alle finestre o che giocano in strada.
Incontriamo anche un set cinematrografico indiano che sta girando delle scene di un film. Anche qui è strano e affascinante il contrasto tra le case restaurate e quelle diroccate.
Tra i colori sgargianti dei muri dipinti e quelli sbiaditi e scrostati. Affascinante anche perchè penso che sto calpestando le stesse pietre su cui sono passati bizantini, crociati, paşa, armeni, ebrei e chissà chi altro.
La storia mi ha sempre affascinata. Non sono mai riuscita a ricordare molto, lo ammetto, ma l'idea di qualcosa di antico mi fa sognare e ancor più l'idea di essere in una città con tutti questi anni di storia.
Passeggiando fra case dai colori e dalle forme più bizzarre arriviamo in cima alla collina di Fener dove si trova il Rum Lisesi, il Liceo Greco Ortodosso.
La struttura è grandissima in mattoni rossi e fa capolino da ogni via. C'è una grande cupola grigia sorretta da una base merlata in mattoni.
Il quartiere Fatih è quello che si sviluppa intorno alla Moschea di Fatih ed è una parte del centro storico di Istanbul a ridosso di Eminönü.
E' considerato il quartiere più “conservatore” di Istanbul, nel senso di osservazione religiosa.
Anche in questo quartiere i turchi sono molto tolleranti , gentili e mai qualche sguardo di dissenso.
Persino il nostro fotografare non sembra dar fastidio a nessuno.
Ci sono tantissimi posti in cui poter mangiare, deliziosi posti semplici e locali.
Qui sono per la maggior parte immigrati dalle zone dell’estremo est anatolico che hanno mantenuto le loro tradizioni culinarie. Anche questa zona è molto pittoresca con case in legno ottomane, altre ricoperte da mosaici o colorate.
Qualche uomo uscendo dalla moschea ci ferma per chiacchierare un pò e sapere da dove veniamo.
Ci aiuta ad orientarci e semplicemente ha piacere di stare un pò a chiacchierare.
Andateci, camminate in un dedalo di vie davvero storiche e fuori dal tempo!
Troppi pregiudizi per un popolo così gentile.
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Bellissima descrizione della mia Istanbul .. quella autentica e quella che ti fa respirare la sua reale aria di incontro e multiculturalità .. così coem Kadirga .. questi 3 quartieri rimangono per me una perla di inestimabile bellezza . Complimenti per le descrizioni !
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