martedì 23 febbraio 2010

MAROCCO - - ZAGORA E IL DESERTO DI ERG CHEGAGA

L'arrivo a Zagora è annunciato dall'unica montagna Jebel Kissane.
E’ una delle città più calde del paese e punto di partenza delle carovane per Tombouctou. Il paese si sviluppa tutto lungo la strada che lo attraversa. Il color arancio e rosso mattone copre tutte le costruzioni. Ha un’atmosfera particolare di ultima frontiera prima del deserto. Immancabile la foto al cartello famossimo che cita: Toumboctou 52 jeurs. A piedi o cammello ovviamente e la dice lunga sulla posizione di questa cittadina molto vicina all’Algeria.
L’autista ci porta subito al Riad dove alloggeremo: il kasbah Sirocco. Molto bello, la costruzione riproduce un kasbah appunto. Si trova un pò fuori, a 20 minuti a piedi dal centro ed è in mezzo ad una palmeria. La nostra stanza doppia è ampia, moderna, con un bagno bello grande e un balcone che guarda sulla piscina e sul palmento.
E' ancora chiaro, il sole deve ancora tramontare e noi siamo troppo affascinati da Zagora per riposarci in albergo. Appena usciamo dalla stanza ci offrono un tč alla menta nel bar della piscina. C’č una pace ed un silenzio corroboranti. Si sente solo il canto degli uccelli. Sembrano migliaia.
Prendiamo subito in petit taxi che con un euro, cioè 10 dirham, ci lascia in centro. Il centro è ben tenuto, piccolo ma ricco di negozietti. C’è una moschea e un mercato, pochissimi turisti.
Approfittiamo di una teleboutique per telefonare a casa e dare nostre notizie.
Le strade che incrociano la via principale portano in una dimensione fuori dal tempo. Mentre la via centrale è pavimentata a mattonelle rosse ed edifici moderni e in ottimo stato, le vie interne sono di terra polverosa. Qualche pozzanghera, residuo della pioggia di settimana scorsa riflette i colori di queste strade. Bottegucce di sarti, meccanici ed artigiani di vario genere. Queste vie sono ricche del fascino di una città senza tempo. Nessuno ci guarda o ci propone qualcosa. Notiamo che la polizia gira per le strade, come d’altrone ovunque. In ogni luogo c’č sempre qualche poliziotto o militare a controllare la zona. E poi ci sono tantissimi posti di blocco per le strade.
Ritorniamo sulla strada principale che il sole è calato. E’ già buio, si accendo le luci dei lampioni e delle finestre. Il cielo è di colore blu magnetico. Ci fermiamo da un ambulante a comprare un pò di frutta: bananine e arancie. Prodotti locali e di stagione, ottimi.
Rientriamo in hotel e ceniamo dopo aver fatto una bella doccia. Un lusso rispetto alla scorsa notte. O forse proprio per questo lo apprezziamo così tanto.
La cena è compresa nella quota che abbiamo pagato e possiamo scegliere dal menů quel che vogliamo. Prendiamo un tajine di capra e un cous cous, accompagnati da un’insalata berbera di barbabietole, uva passa e altro. Molto particolare nel gusto, ma molto buona. Pasteggiamo con acqua e al posto del caffè ci gustiamo in piscina un tè alla menta. Andiamo a letto presto, perchè le giornate sono sempre intense.

31/12/2009 ZAGORA - ERG CHEGAGA

Oggi è l’ultimo giorno dell’anno e nemmeno lo ricordavo. In realtà non mi importa MOLTO. Ora è solo un altro magnifico giorno di viaggio, iniziato con la sveglia alle 7.00 al canto degli uccellini. Aprendo la finestra dal rumore mi aspetto di vederne a migliaia! Sono sulle palme e volano da una parte all’altra. Scendiamo per la colazione e gli uccellini volano anche qui, vicino a noi. Frutta, creps, pane, burro, marmellata, miele, olio, tè alla menta, caffè e spremuta fresca di arance. Ottimo inzio di giornata direi.
La partenza oggi è fissata per le 8.00, ma posticipiamo alle 10.30 perchè altri verranno con noi e perchè oggi c’è una tempesta di sabbia. L'autista ascolta le notizie alla radio per sapere verso che ora si smonterà un pò la tempesta. Ne approfittiamo felici per fare ancora un giro in centro a Zagora, questa cittadina minuscola di una manciata di case e vie, che però ci ha colpito molto. Il tempo passa veloce tra un tè alla menta e le chiacchiere con chi incontriamo al baretto dove ci concediamo un tè. Compriamo un bel sacchetto di caramelle dalla botteguccia vicina, così potremo darle ai bambini che incontreremo.
Partiamo alle 10.30 verso il deserto. Siamo già eccitati.

Da Zagora dopo una ventina di km si arriva al villaggio di Tamegroute, che originariamente si era sviluppato come un centro di apprendimento coranico. Ci fermiamo per fare una visita del villaggio, della scuola coranica e della cooperativa di ceramiche artigianali. Prendiamo una delle solite guide a cui daremo una mancia e partiamo per la nostra visita. Il sole è alto nel cielo e fa caldo. Il ragazzo di colore che ci fa da guida non parla italiano e ci spiega tutto in francese. Poco male alla fine capiamo ugualmente anche se il nostro francese è molto improvvisato e più dialetto.
La kasbah sempre di fango, con le sue vie e le sue porte ci stupisce ancora una volta. Qui a sud si vede di piů la povertà e l’isolamento di queste popolazioni, rispetto alla zona di Ouarzazate oggi divenuta molto turistica. I bambini e le donne ci guardano con curiositi da dietro le porte. Ci sono zone della kasbah che arrivano a 4 metri sotto il suolo, per avere del fresco durante l’estate. Ci dicono che in quella parte sotterranee ci stanno soprattutto donne e bambini nelle giornate torride. Tutta la kasba è ancora abitata. La polvere è molta, perchè passano delle donne che trascinano dei rami in casa. Si vede il fitto pulviscolo nelle strisce di sole che ogni tanto arrivano tra un muro e l'altro. Non hanno proprio nulla nelle case qui. Passiamo in vie sotterranee al buio piů completo tenendo la mano della nostra guida. Una donna mi dice che sono bella e mi osserva. Diamo delle penne e dei pastelli colorati ai loro bambini, che ringraziano con : sciukran, la parola araba per dire grazie e con i loro occhi così umani da arrivare al cuore.
Se non fosse che Alessio mi fa ridere, perchè sentendo "sciukran" detto dai bambini gli risponde che non è cioccolato!
Passiamo alla visita della scuola teologica antica, con manoscritti vecchissimi. La scuola è fatiscente, nel vero senso della parola. Sono appena iniziati i lavori di ristrutturazione, ma ora è davvero messa male.
E’ un villaggio piccolo, povero ma bello proprio per questo. Già qui per le strade si vede che la sabbia del deserto è ovunque. Oltre alle antiche scuole teologiche, ci son moschee dai tetti in maiolica blu e i minareti bianchi, artigiani come i vasai ed un interessante mercato. Facciamo sempre con la nostra guida, la visita della parte di kasbah dove si producono le ceramiche. L’aria è piena di sabbia che arriva dal deserto. Un bambino sta lavorando al tornio, un ragazzino fa asciugare i vasi sotto il sole. Non ci sono strumenti ed è incredibile come creino questi oggetti così belli con pochissimi accessori. Io che ho fatto un corso di ceramica non ci riesco. Ci sono i forni per cuocere scavati nella terra. Le donne si occupano della parte decorativa della lavorazione. Compriamo qualche articolo di terracotta nella cooperativa locale. Tutti i colori sono naturali: il giallo è fatto con lo zafferano, il verde smeraldo con la menta e il rosso non ho capito. Ma è incredibile la bellezza di questi colori sul prodotto finito. La loro lucidità è invitante.
Riprendiamo il viaggio in direzione sud. Lo scenario è sempre pianeggiante e sempre più desertico. A tratti sassoso, a tratti sabbioso. Dopo 7 km passiamo le dune di Tinfou, che hanno l'aspetto di grossi ammassi di sabbia sulla spianata arida. Un assaggio di ciò che sarà il deserto, perchè ci stiamo avvicinando a M'hamid, dove il fiume Drâa scompare tra la sabbia.
Superiamo l’ultima catena montuosa che netta taglia il terreno. Sembra quasi un altopiano da qui. Ci sono delle scuole e dei bambini in mezzo a questo nulla. Questa parte che precede il deserto inizialmente si presenta con piste ben marcate di terra compatta che si snodano tra i sassi neri dell'hammada, poi, man mano che ci si avvicina all'erg, che e' un deserto di sabbia e dune, le piste si fanno sempre meno marcate fino a diventare virtuali.
Ci stiamo avvicinando alla tempesta di sabbia, il sole che fino a prima ha scaldato e illuminato il cielo sembra scomparso. Il colore del cielo e della terra verso l’orizzonte si confonde. La sabbia si alza, copre il cielo e rende tutto ovattato. Tutto color sabbia in un mondo senza sole. Ci fermiamo in hotel nel nulla per far passare la tempesta, altrimenti non vedremmo nulla nel deserto. L’autista ascolta la radio per avere informazioni. Facciamo uno spuntino con la frutta comprata ieri in questo luogo che la tempesta rende irreale.
Ripartiamo e raggiungiamo M’hamid, l’ultimo villaggio prima del deserto. E’ minuscolo ma incredibilmente affascinante. Il nome “Sahara” è scritto su molte insegne. Il vento fa volare folate di sabbia che invadono le strade e gli scalini rotti della moschea.
Facciamo salire sulla nostra jeep, l’uomo che sarà la nostra guida nel deserto e nel bivacco. E’ un berbero nomade, che negli ultimi anni lavora con i turisti. Li porta con il dromedario nel deserto. Lui nel deserto ci è nato e ci è vissuto da nomade. Dice di conoscerlo come le sue tasche. Dice di conoscere ogni duna. Da qui, cioè da M’hamid, per arrivare alle dune di Erg Chegaga impiega un giorno intero, 10 ore di dromedario. Noi con la jeep ne impieghiamo due e mezza. Parla in francese ed è troppo simpatico. Dice che quando era bambino se la faceva sempre a piedi. Ora nel deserto si è più fortunati. Con il turismo qualcuno passa e ogni tanto offre un passaggio.
La strada asfaltata finisce ad M’hamid e iniziamo a percorrere il deserto vero e proprio. Subito iniziano delle dunette di sabbia. Ora qui c’è solo sabbia. La terra o i sassi sono scomparsi. Solo dunette o qualche cespuglio verde che spunta ogni tanto. Il cielo è ancora offuscato dalla tempesta di sabbia e c'è ancora il vento.
Ci fermiamo perchè vediamo dei dromedari, poi il passo della nostra jeep si fa lento e affanoso su quella sabbia soffice che avvolge tutto. Ci fermiamo in un’oasi. Incredibile come in questo mare arido di sabbia e terra spaccata dal sole possa sgorgare dell’acqua, così dal nulla.
La sorgente è un buco del diametro di 50 cm contornato da sassi, dal quale si vedono le bollicine e si vede salire l’acqua, che è stata incanalata e offre un ruscello, dove sono scresciute molte palme. Qui vivono delle famiglie nomadi, in una parte recintata. Dopo una breve sosta si riparte verso un orizzonte di sabbia che non cambia mai prospettiva.
Riprendiamo la strada verso l’erg Chegaga in questo tratto terroso e senza sabbia e dopo un pò sullo sfondo si stagliano dolcissime le dune, sfumate dalla polvere che confondono distanze e colori. Arriviamo verso le cinque alle dune sotto una luce meravigliosa che arricchisce di fascino questi giganti di sabbia creando effetti di eccezionale suggestione. Scorgiamo il bivacco: una decina di tende robuste color verde scuro disposta a semicerchio. Una tenda piů grande come sala da pranzo in comune e una piccola un pň distante come bagno. E’ molto suggestivo, nella sabbia, sotto le dune che qui arrivano fino ad un’altezza di 300 metri.
Lasciamo le cose nella nostra tenda numero 8 e iniziamo a salire sulle dune, perchè vogliamo gustarci il tramonto da lassù. Vogliamo salire su quella piů alta che vediamo nei dintorni. E’ faticosissimo. La parte della duna su cui batte il vento è facile da percorrere perchè la sabbia è durissima e compatta, sembra quasi abbia la consistenza del cemento. La parte opposta è faticosa, essendo morbida ci si insabbia ad ogni passo. Per salire sulla duna alta dobbiamo superare altre dune più piccole. Appena immersi nelle dune non si vede altro che questo oceano di sabbia. Arrivo sulla cima a gattoni e senza scarpe! La duna è alta e ripida, ma raggiunta la vetta è una sorpresa indescrivibile! Siamo sul punto piů alto e il mare di dune ci circonda e ci avvolge come un abbraccio. Il sole dopo poco inizia a scendere lentamente. Da qualche parte inzia la Mauritania, ma nel deserto non ci sono confini visibili. Una volta per distingersi le popolazioni usavano costumi dai colir differenti. Così per capire la nazionalità. Così l’occhio si perde cercando un’orizzonte tra l’immensa distesa di dune alte e basse. Giochi di luci e di ombre, piccole e grandi creste delle dune dalle forme più variegate. Il colore della sabbia sotto i raggi prismatici del sole è indescrivibile. E’ di un rosso fuoco dorato e carico. La sabbia tiepida vola ovunque sotto le piccole raffiche di vento. Abbiamo la nostra inseparabile sciarpa berbera blu a proteggerci la testa in puro stile berbero. Mi siedo a cavallo della duna e resto incantata ad ammirare questo tramonto nel deserto. La sensazione che si prova è indescrivibile. Capisco cos'è la magia del deserto. Mai come in questo momento mi è sembrato tanto tangibile. Sembra di essere sul polmone del mondo, sembra di sentire il respiro della terra. Qui nel nulla e nel tutto allo stesso tempo, sento l’energia e la forza della natura che mi fa sentire così piccola, tra il vento e il silenzio magnetico di questo luogo.
Il sole diventa un’arancia rossa, le luci e i colori cambiano in continuazione ed anche il suo calore inzia a diminuire. Il sole scompare piano sotto le dune lontane e colora il cielo di giallo, arancio e rosa. Mentre scendiamo mille sono gli scorci che rimangono nei nostri occhi. Le ombre ed i riflessi delle dune, dalle forme piů bizzarre e affascinanti. Le dune nere in controluce sono in netto contrasto con il cielo dai colori piů caldi che mai. il contrasto di colori tra parte in ombra e quello in luce delle dune è unico. La temperatura inzia a scendere e appena il sole scompare la sabbia soffice si fa fredda sotto i miei piedi nudi. I miei piedi che sprofondano a tratti in questo mare di sabbia, dalle ombre e dai colori che sembrano quelli di un sogno.
Arrivati al bivacco prendiamo un delizioso tè alla menta e aspettiamo la cena mentre perlustriamo la zona limitrofa di dune e il cielo si fa sempre piů scuro.
La cena è servita nel grande tendone, rivestito interamente di tappeti nel suo interno, dal pavimento alle pareti e al soffitto. Dopo un antipasto di deliziose olive nere, mangiamo una zuppa berbera gialla di zucca. Ci servono ottima carne con datteri, cous cous e tajine. Le porzioni sono abbondanti. Beviamo acqua e in questo viaggio non toccheremo mai alcol. Tè alla menta e datteri per finire in bellezza.
Gli altri che dormono in questo bivacco sono tutti francesi o belgi. Inizia la musica che parte da un gruppo di uomini di colore con tamburi e nacchere. Ci buttiamo in cerchio anche noi a ballare visto che un pò di gente si dà alla danza, persino la nostra guida del deserto e l’autista.
La polvere che si alza dai tappeti, per i nostri piedi che battono a ritmo è tantissima. Alla fine non si riesce quasi a respirare dal polverone. Usciamo all’aperto e la temperatura è molto fredda. Si accende un fuoco nella sabbia al centro e si balla e si canta fino a mezzanotte. Fa freddino fuori ma siamo vicino al fuoco e ci scaldiamo bene. La notte che immaginavo nera come un abisso, è illuminata dalla luna piena così grande e splendente da non permettere la visione delle stelle. All’orizzonte il cielo è azzurro e diventa blu intenso man mano che sale, conservando una certa luminosità. Mi sarei aspettata il buio pesto e invece la luna offre una discreta luce e si puň camminare nel deserto senza torcia. Ombre violette sulle creste delle dune e una luna che non smetto di ammirare, così luminosa non l’avevo mai vista. La musica e i canti vanno avanti nella notte magica del deserto. Dopo la mezzanotte auguri semplici e sinceri con gli ultimi rimasti e mi sembra che niente altro mi importi del mondo.
Andiamo a letto nella nostra tenda rivestita di tappeti. Un materasso in terra e delle coperte caldissime sono il nostro letto. Tengono molto caldo e fuori ora fa davvero freddo.








QUI L'ALBUM FOTO

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