08 agosto 2010
Oggi mi sveglio in una pozza di sudore, il sole è già caldissimo e i muri quasi scottano. Abbiamo due letti singoli spaziosi e il condizionatore, che non accendiamo mai, ma sarà il caso visto che persino i muri cacciano caldo. Ci alziamo presto e facciamo colazione nel cortile. Pomodori e cetrioli, formaggio, pane, miele e ovviamente l'immancabile cay bollente.
Ci carichiamo di energia per affrontare il nuovo giorno con il cibo e i sorrisi di Aziz e Ferida. Oggi passeremo la mattinata ad HARRAN Aziz ci farà da guida. E chi se no?!
Nel testamento era ritenuta la città antica e dove Abramo passò parecchi anni della sua vita, esattaente quella che viene menzionata nella Bibbia come l'antica Carre. Si trova ad una quarantina di km da Urfa e a soli 10 km dalla Siria. Harran divenne anche la capitale del regno assiro nel VII secolo a.C. sotto Assurbanipal. Solo l'idea mi sembra mito, leggenda e storia.
Il 18 marzo 2010, proprio poco fa, nella pianura di Harran è stato scoperto un santuario realizzato circa 12mila anni fa, probabilmente nell’Era Neolitica. Sarebbe il piu’ antico luogo di culto del mondo. Fino ad oggi il luogo di culto piu’ antico del mondo era considerato un tempio scoperto a Malta e risalente a 5.000 anni a.C.
Anche se avevo letto pareri poco entusiasmanti da parte della maggioranza dei turisti, partiamo gasatissimi in macchina con Aziz. La strada da Urfa è dritta dritta verso la Siria, tra campi assolati senza fine. E Harran come questa parte della Turchia è storia. Storia nascosta sotto ogni sasso sui cui batte il sole. Tutto qui ha il sapore di antico e magico, come in un libro di storia. La stessa storia che a scuola non ho mai imparato e che ora, davanti ai miei occhi, sembra così bella ed improvvisamente anche interessante. Harran ora sorge sulle rive del fiume Balikh e arrivando in una bella giornata d'agosto è un villaggio povero nell'immensa pianura dove la polvere e la terra sono ovunque. Un terreno arido e case di fango secco. Non c'è in giro nessuno. Scendiamo dall'auto con Aziz che ci accompagna su una collinetta da cui vediamo le rovine dell'antica Carre. Ci lascia soli e ci aspetta in un piccolo bar vicino ai trulli, lasciandoci liberi di girare.
Pensare che Harran in epoca romana era d'importanza strategica perchè si trovava sulla strada che collegava Ninive a Carchemish, quasi quasi non è facile ora che sembra un luogo così dimenticato nel nulla. Per questo godeva di molta importanza da parte dei re assiri. Durante l'epoca romana fu teatro della disastrosa sconfitta subita dal governatore romano Crasso ad opera dei Parti. Qui ci fu anche a sconfitta dell'imperatore Galerio ad opera del re persiano Narsete (297 d.C.).
Dalle iscrizioni ritrovate possiamo sapere che nel 2.000 a.C. Harran esisteva già. Tutta questa regione è stata considerata sacra da molte culture diverse. Quel che resta dell'antico culto sabeo dei Pianeti Sacri dista solo 60 chilometri e in un'area di un chilometro di raggio si trovanno i resti di diversi tempi consacrati al culto del Sole, della Luna, di Giove, di Venere, di Saturno e di Mercurio.
Non era lo sconosciuto villaggio che ora, bensì aveva una certa importanza perché era uno dei luoghi di culto più importanti, che ospitava il tempio di Sin, il dio della luna. Sin era una divinità venerata del pantheon assirobabilonese eil suo culto continuò fino al VI secolo d.C. Proprio in questa città. Non me lo immagino. Il tempio aveva un tetto coperto da foglie di cedro del Libano. Sin era originariamente rappresentato con una lunga barba e con una mezzaluna che sovrastava una tiara fornita di corna. Poi nei secoli successivi venne raffigurato con una semplice mezzaluna.
Questi resti antichi sono ora chiusi da una recinzione, nella quale vi sono grandi buchi per entrare. Restiamo a girovagare affascinati, sotto il sole e l'alito di vento caldo e secco che sembra arrivare dalla Siria. Troviamo persino un serpente, ma quello non mi affascina per nulla. I resti si stagliano nella pianura arida e il cielo, azzurro e marrone sono i colori di questo fazzoletto di terra.
Ci sono i resti di una delle più grandi Università Coraniche, ma sopratto Colpisce il minareto della Grande Moschea “Ulu Cami” risalente all'VIII secolo, costruita nell'epoca omayyade da Marwan II, ingrandita dal califfo Al Ma’mum e forse anche restaurata dal mitico Saladino. Al suo interno furono ritrovate le lapidi del re babilonese Nabonedo, che oggi si trovano al museo di Sanliurfa. Ci fermiamo ancora un pò a girare per i resti di quella che dovrebbe essere una delle città più antiche del mondo e poi raggiungiamo Aziz, sotto l'ombra delle tende del bar. Un cay in compagnia è quel che vuole e il te anche se caldo, disseta molto. Passa qualche famiglia locale su carretti trainati da dromedari. La modernità qui è lontana.
Dopo un po' di relax riprendiamo il giro per Harran, verso la città. Terra secca e polverosa interrotta da strisce di terra verde, perchè irrigata e coltivata.
Trulli di fango spezzano il paesaggio monotono ed il profilo di villaggio semplice e desolato. La città è circondata mura, che sono state restaurate nel XII d.C. Purtroppo si possono vedere solo cinque delle dodici porte originarie. L'antica Charre sorgeva dove ora si trova il centro, cioè sulla sommità delle pendici della collina. In questa zona non sono ancora stati compiuti scavi archeologici, ma la religione ci da le sue notizie storiche. Harran è dove si fermò Abramo per alcuni anni mentre si stava spostando da Ur in Caldea, verso la terra di Canaan, la Terra Promessa (Genesi 11:35). Suo padre Terach morì proprio in questa città. Sulla strada che risale la collina, ora ci sono due stipiti con un cartello secondo che sta ad indicare che in questo luogo si trovava "casa di Aran", dove risiedeva Sara prima di sposare Abramo.
Io trovo molto belli e interessanti tutti i trulli che fanno capolino e compongono il villaggio solitario. Queste costruzioni a forma conica sono d'argilla chiara per adattarsi al clima torrido della zona, fresche in estate e miti in inverno. Veri cubi di fango alti anche quattro o cinque metri. Ed è proprio l'altezza, oltre che il materiale, a mantenerli freschi anche con un clima così torrido. A noi piacciono e colpiscono queste abitazioni alveolari che abbiamo l'occasione di poter vedere anche all'interno. Non so quante ve ne fossero prima, ma oggi ne son rimaste tante. Fa riflettere il fatto che questi trulli siano così simili a quelli di Alberobello, in puglia. Persino gli abitanti lo ripetono. Da quel che so, si trovano solo in tre punti nel mondo: qui, in Iran e appunto in Puglia. Chissà cos'hanno in comune?!
Sono usati più che altro come deposito per le merci e gli oggetti di casa dato che le persone vivono nei cortili. Apparentemente sono famiglie che non hanno proprio nulla e visto che non piove quasi mai basta un tappeto per sedersi o riunirsi per mangiare. Per dormire ci sono dei letti e talvolta si va sui tetti.
Aziz ci porta a pagare il biglietto, una formalità, per i resti della cittadella. Resti, appunto, rimane molto poco. Le guardie ci fanno sedere all'ombra e ci offrono un cay in compagnia. In un altra zona di Harran stanno ballando in cerchio, c'è la musica alta e persino un vocalist. Quando arriviamo c'è un grande tendone con tappeti sul terreno, sotto la tenda bianca solo uomini che parlano e bevono.
I bambini ci vengono in contro come scendiamo dalla macchina. Ora siamo gli unici turisti. Qui curdi e arabi sono le etnie principali, ma le razze sembrano di più. I bambini ci seguono, ci guardano, ci sorridono e ci chiedono qualche cosa. Non chiedono soldi ma di farsi fare foto in continuazione e si divertono a guardarle. Alcuni mori, altri biondi con la pelle ambrata e che pare dello stesso colore di questa terra secca. Nel frattempo in un cortiletto vicino gli adulti ballano a piccoli passi, alzano le spalle a ritmo di musica e urlano con schiamazzi in stile indiani. Le donne sono coperte sul capo da stoffe colorate ed il violetto a Urfa e Harran la fa da padrone. Le donne hanno abiti lunghi fino ai piedi e colorati. Anche gli uomini però nonostante il caldo hanno camicie e pantaloni lunghi in segno di rispetto. Sembra una festa. Ci invitano a ballare ma non ci tratteniamo olte e saliamo in macchina per fare ritorno alla nostra Guest House con Aziz. E' proprio l'ora più calda della giornata, ma torniamo ugualmente alla cittadella di Urfa. Strada facendo passiamo dal negozio di uno dei suoi nipoti per fare un saluto: e allora ci offre l'ennesimo cay della giornata e chiacchiera un pò insieme a noi. Parla bene inglese e affronta molti temi di attualità e religione, in maniera molto amichevole e interessata. Anche se ci consiglia ci non andare in giro con questo caldo, lasciamo il suo piccolo negozio proprio fuori alla cittadella e andiamo a vistare i resti del castello, visto che non siamo ancora saliti. Da lì si vede tutta la città e tutto il verde del parco di Urfa. Anche se fa caldo non è impossibile, quache scalino e siamo arrivati. Da su è bello il panorama verso il resto della città nuova, su quella vecchia e sul parco. Case che sembrano tanti scatoloni, cubi marroncini a perdita d'occhio in tipico stile mediorientale. Il cielo è sempre azzurro puro e Urfa si estende tutta ai nostri piedi. Scesi entriamo nella grotta di Abramo. Ci sono due ingressi, rigorosamente separati, uno per le donne e uno per gli uomini. Ci ti toglie le scarpe, ci si copre e si entra in questa piccola grotta piena di donne che bevono dalla stessa ciotola l'acqua miracolosa che sgorga. E' un'esperienza da fare.. è un via vai di donne colorate oggi, è persino difficile arrivare alla fonte. C'è una vetrata con il resto della grotta illuminata con luce verde, un pò kitch. E' vietato fare foto, così rispetto la richiesta a rinuncio a qualche scatto ricordo.
Usciti dalla grotta ci immergiamo nel bazar, per mangiucchiare e girovagare un pò. Passiamo il resto del tempo così a sbirciare le merci del bazar di Urfa, la piscina delle carpe che è sempre uno spettacolo divertente e finiamo tra i tavolini a bere cay, che sotto gli alberi sono sempre una sosta piacevole. E' strano vedere tutte queste fontane e giri d'acqua, alberi verdi che fanno ombra in una zona così arida.
Torniamo per cena alla guest house con Aziz, moglie e gli altri ragazzi stranieri. La cena è sempre ottima, cous cous e verdura al forno con carne, bibite e cay. C'è anche una nuova famiglia tedesca con una figlia che avrà 3 anni, loro si che sono popoli come si deve. Non si fanno fermare da nulla e girano anche con figli piccoli.
Dopo cena non resistiamo e torniamo a fare un giro per la cittadella. Non l'ho ancora vista la notte perchè vado a letto sempre presto. Non c'è nessun pericolo la sera e tutto è tranquillo. Deliziosi baretti con vista sulla vasca e sulle mura illuminate. Regna una pace e una tranquillità uniche. Il parco è anche ora pieno di gente che passeggia e beve cay in compagnia. E poi bambini, tanti bambini con le famiglie che passeggiano e ancora danno al cibo alle carpe. Questo luogo è molto bello anche la sera con le luci che si riflettono nello specchio d'acqua della vasca ed una tranquillità che non avrei immaginato nella terra chiamata kurdistan.
Ci fermiamo anche noi per bere un te con vista castello illuminato e vasca sacra, sugli sgabelli tipici di questa zona, che trovo così carini. Vorrei comprarne uno! Anche ora facciamo qualche chiacchiera in inglese perchè ci son sempre ragazzi che vogliono parlare con noi.
Rientrati restiamo a giocare a backgammon con i nipoti, Aziz e la moglie. Ovviamente non riesco mai a vincere! E nemmeno Alessio. Finiamo la serata con balli curdi in compagnia, due chiacchiere, qualche tè e nanna. Un altra stupenda giornata è passata. Qui che sembra di essere dal'altra parte del mondo, mi sento proprio a casa.
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