sabato 28 agosto 2010

MARDIN Mesopotamia TURCHIA 2010






10 agosto 2010



Stamane lasciamo Urfa, anche se ormai ci sentivamo a casa e soprattutto affezionata alle carpe sacre, le mie carpine, per andare a Mardin. Questa città è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio culturale dell’umanità. Fino a poco tempo fa, mi dicono, era chiusa al turismo per via delle tensioni tra governo e Pkk. Volevo farla in giornata ma non è così vicina, sono ben 175 km. Cercheremo un hotel per la notte. Ho sentito che è una cittadina molto carina e son curiosa di vedere com'è. Il fatto che non sia da molto aperta al turismo mi affascina. Spero sia rimasta genuina. Volevamo andare anche ad Hasankief, ma è crollato un masso grande nel fiume e han chiuso il castello. Ci porterebbe fuori strada anche, così un pò a malincuore, decidiamo di saltarla.
Ci si alza presto, una bella colazione, un pò di cay bello caldo e si parte. Prima Aziz dice che dobbiamo prendere un taxi, ma poi usciti dalla sua guest house facciamo 20 metri e lo sentiamo che ci chiama e ci da un passaggio. I curdi sono speciali, ci ha ripensato, lo sapevo! Ci accompagna alla Otogar dei pullman che si trova a 7 chilometri dal centro, perchè l'hanno rifatta poco tempo fa fuori dal paese. Ci augura buon viaggio, ci saluta e aspetta che arrivi il nostro bus. Fatti i biglietti radunano in gruppo chi, come noi, va a Mardin. Siamo in sette, bene, ci caricano su un'auto. Si, noi sette e il conducente. Non capisco come riescono ad incastrarci tutti con zaini e bagagli, ma ce la facciamo. Cose turche! A volte prendi il bus nelle fermate principali fuori dal paese a volte, invece, ti caricano e ti portano ad altre fermate.
Arriviamo dopo pochi minuti, per fortuna, visto che siamo così incastrati che quasi dubito di riuscire a scendere prima o poi. Il pullman è appena arrivato, carica le nostre valige e parte. Prendiamo il bus da Urfa alle 9.00 e in tre ore siamo a Mardin. E' mezzogiorno. Come sempre è una giornata limpidissima, sole e cielo blu. Arriviamo alla città nuova di Mardin e andiamo ad informarci per il bus che ci porterà a Van domani. Bene il ragazzo dell'unica agenzia non parla inglese e nessuno dei presenti. Ok parto con il mio mimo "Van golu".. "bus".. bene ci scrive l'orario di partenza su un pezzo di carta e ci mima che dobbiamo tornare a Diyarbakir e il bus c'è domani. Va bene cercheremo un hotel e restiamo per la notte, domani faremo i biglietti. Ci scrive su pezzo di carta il nome di un hotel e ci indica la fermata per il paese vecchio.

MARDIN

Armati dei nostri bagagli prendiamo il pullmino che porta nella cittadella, che si sviluppa tutta intorno sulla cima della montagna. Appena saliti abbiamo gli occhi addoso. Occhi curiosi e genuini che subito dopo ci chiedono di dove siamo. In turco ovviamente e non so se la domanda era quella, ma rispondiamo "Italia" e tutti sorridono ripetendo "ah Italia"... C'è una sensazione di amicizia unica, come se in questo paesino ci si conoscesse tutti. Molte donne mi fanno sorrisi e guardano cusiose, quando noi osserviamo loro. Quando scendono ci salutano e ancora una volta capisco che qui l'arrivo di uno straniero è ancora un piccolo evento. Ci si sente davvero ospiti da queste parti. Piccoli avvenimenti che ti fanno sentire benuto. Tutti sul bus sanno in che hotel andiamo e solita cortesia si ferma davanti per farci scendere. Qui non ci sono mai le fermate, la gente alza la mano e scende dove vuole. Tanto il dolmus va avanti e indietro tutto il giorno e un bus si trova sempre.
Il primo colpo d'occhio ci colpisce subito. Unico nel suo genere, per ora, questo paesino è completamente costruito in roccia chiara, di un colore caldo, quasi miele. Costruzioni che quasi si confondono con il colore della terra arida. Le case sono bellissime, finemente decorate e intagliate. L'architettura di questo paese è davvero deliziosa. Siamo in mesopotamia e qui la storia è ovunque, così come le sue lontane testimonianze.
Le case sono aggrappate al promontorio secco e si sviluppano a gradoni. Il paese è ricco di moschee, madrasse e chiese. Siamo a 1.083 metri di altitudine e il panorama sulla pianura mesopotamica è superbo. Ovviamente ci sono i soliti quaranta gradi secchi secchi ed un bel sole a picco. La grande distesa mesopotamica è colorata a scacchi verdi e gialli. E io che la immaginavo completamente gialla e sterile. Si estende davanti ai nostri occhi e scompare lontano, in una lieve foschia.
L'hotel da fuori non sembra male, è in una bella posizione ed è economico. Le solite 25 lire turche a testa, 13 euro. Si chiama Basak Otel. Non lo consiglierei nemmeno ad un cieco. Il bagno è in comune con tutto il piano dell'hotel, la finestra della doccia da sul corridoio ed è inguardabile anche da lontano. Per una notte possiamo farcela, ma da evitare. Un ragazzo turco, poverino, non vedente ha la camera con le finestre che danno sul corridoio. Forse ignaro dorme con la finestra aperta. Vado a fare la doccia in un locale che anche nel terzo mondo sarebbe considerato fatiscente. Esco e trovo Alessio di fianco ad un ragazzo che lava i piedi nel lavandino. Lo guardo un pò scioccata, ah è il ragazzo non vedente, poverino.
Usciamo dal nostro polveroso hotel per fare un giro per questo pomeriggio assolato e caldo. La tranquillità di questo paese è sorpredente. Il paesino è arroccato su per il pendio con case ammassate su di loro, tutte in pietra calcarea decorata che guardano verso la Siria. Ci sono tante terrazzine per bere cay. Per prima cosa ci concediamo un tè con magnifica vista sulla Mesopotamia. Stare qui in relax a gustare il cay con questa vista mi ripagherebbe di ogni fatica! E' un posto unico!

Riprendendo a camminare senza meta ci ritroviamo davanti ad un bellissimo edificio. Per oggi abbiamo abbandonato qualsiasi guida, voglio fare un gior e vedere senza un itinerario preciso, a caso. Vedono che curioso tra la porta aperta e subito ci invitano ad entrare. E' l'UFFICIO POSTALE del paese, nonchè un ex caravanserraglio del diciasettesiamo secolo. Probabilmente è l'uffico postale più bello del mondo, o almeno della Turchia. Una bella scalinata sempre in pietra porta a delle stanze con porte e finestre finemente intagliate. Uno stile davvero elegante. Penso a quando le carovane si fermavano qui e forse la vita era semplice ma molto bella.
Proseguendo il cammino per le vie di Mardin, cammino guardando in aria per ammirare le decorazioni in pietra e penso a come doveva essere nel passato durante le varie dinastie. Fu voluta da Saladino, posseduta da Tamerlano e dai persiani. Fu attaccata dagli Omayyadi e Abbassidi, sciiti e curdi sunniti, Selgiuchidi e Turcomanni. Una vita turbolenta a pensarci bene. Mardin era chiusa al turisto fino a poco tempo fa per gli scontri del Pkk, ma in questo pomeriggio dorato la vita qui sembra così tranquilla e bella, che proprio non riesco ad immaginare nulla di tutto ciò.
Gironzolando finiamo per esser presi per mano da alcuni bambini. Vogliono solo chiacchierare un pò, sanno l'inglese e si divertono a portarci in giro per il paesino per quelle strade che solo i bambini fanno. Ci portano prima in una moschea, accendono le luci, mi fanno togliere le scarpe e mi coprono il capo con una stoffa. All'interno delle tombe e l'impronta del profeta Maometto, protetta da una teca in vetro con dei buchini. I bambini mi fanno segno di annusare, ma non sento l'odore del piede, sinceramente.Forse era miracoloso o non so che.
Proseguiamo per stradine in salita verso i RESTI DEL CASTELLO SULLA COLLINA. Pare che questi resti abbiano 3.000 anni. Dobbiamo anche scappare perchè c'è un cane randagio che ci ringhia dietro. Fare la strada principale comoda comoda no? Va bè alla fine è divertente arrivare in cima un pò all'avventura tra strade secondarie, gradoni che devo salire e giocando con i bambini che si divertono a indicarci la strada.
Parte del castello è zona militare, perchè punto strategico da cui si vede fino alla Siria. In un luogo così bello, proprio non riesco a pensare ad una guerra, eppure fino a poco tempo fa era una zona molto calda. Da su il panorama è particolarmente bello con il paese di pietra dorata che si estende ai nostri piedi, le terrazzine, le cupole e i minareti affacciati sulla grande pianura Mesopotamica. Cupole di ogni forma, così eleganti nei loro profili mordibi. Minareti decorati si stagliano verso la pianura a scacchi davanti a noi. I bambini si divertono a guardare nell'obbiettivo della nostra macchina. Ci danno il loro indirizzo di facebook per mandar loro le foto! Dovunque in Turchia amano le fotografie.

Saltando giù da un paio di gradoni arriviamo all'ingresso della grande moschea la Ulu Camii dalla bella cupola di pietra a spicchi isale all'epoca selgiuchida (XI secolo) e il minareto sulla mesopotamia, che per la foschia non ne vediamo la fine. Nel chiosto della moschea un pò di verde, una fontana ed archi da cui si vede sempre questo bel panorama. La guardia viene a chiedere la nostra nazionalità per regnarla a penna su un registo e cordialmente saluta. In una delle sale della moschea le colonne sono progettare per resistere ai terremoti, perchè sono girevoli. Qui i terremoti sono di casa e in questo modo si conserva l'edifico intatto, che resiste alle scosse. Fantastico. C'è sempre da imparare. I bambini ci avevano aspettato fuori, ma poi entrano a bere dalla fontana e insieme usciamo. Ancora qualche gradone bello alto da saltare e siamo giù. Non hanno notato che non sono così agile con tanto di zaino per macchina fotografica? Poi ci salutano sorridenti e ci augurano buon viaggio, mentre tornano a giocare dagli amici.

Facciamo un giro per il BAZAR. Uomini vestiti in modo tradizionale con gilet, sciarpa in testa e pantaloni con cavallo molto basso. Diversi usano degli asini bianchi, su e giù per le vie a gradoni di questo bazar all'aperto. Un vero bazar! Qui i negozi sono quasi solo alimentari. Nessuno ti chiama per vendere. Passeggiamo tra minuscole botteghe che si susseguono per la strada a tratti gradinosa, a tratti sterrata. Si lavora la lana, si riparano le selle, si vendono te, saponi, frutta secca, formaggi e carni, carcasse di aninali e teste di pecore. Davvero particolare e autentico con le vie che salgono e scendono. Compriamo un pò di tè, un sapone alla mandorla e delle mandorle tostate.

C'è anche un Museo archeologico che raccoglie ritrovamenti della regione, ma non lo visitiamo.

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Tornati per le vie centrali siamo nella piazza con dei taxi. Decidiamo di andare a vedere l'antico monastero Deir Az-Zafaran, di rito siriano ortodosso. E' stato distrutto e riedificato più volte dopo le conquiste dei siriani e dei mongoli ed oggi è un importante collegio per studiosi. Una delle tante leggende dice che sia sacro perchè edificato sulla pietra che usò Pietro dopo le parole di Gesù "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa."
La presenza di questo genere di monastero non è così insolita. Qui ci sono diversi monasteri cristiani. Quello che visitiamo si trova a 7 km e la lingua liturgica è ancora l'aramaico. Contrattiamo con un taxi l'andata e ritorno, compreso il tempo di aspettare che facciamo la nostra visita. Arrivati c'è una guida che spiega, ma solo in turco. Così mi aggrego a due viaggiatori: un ragazzo americano che fa il giro con un turco che da anni vive in germania, un suo amico. Così sento la spiegazione in tedesco. Il monastero risale a 397. Nel passato era utilizzato dai romani come fortezza, fu in seguito un Monastero e sede del Patriarcato della Chiesa siriaco ortodossa. Il colore delle pietre che lo componfono e i fiori di zafferano che crescono intorno gli hanno dato il nome: Deyrul Zafaran, zafferano appunto. Leggende popolari dicono che lo stesso zafferano fu mescolato alla malta, per dare questo bel colore caldo. Quanto mi piacciono le leggende e da queste parti se ne sentono molte. Il monastero sorge sulle rovine di un templio degli adoratori del sole.
Si trova un pò isolato e da qui si vede tutta la cittadella di Mardin a ridosso della montagna. All'ingresso vedo delle foto invernali, sotto la neve è davvero magico questo monastero.


monastero Deir Az-Zafaran



MARDIN
Ripreso il taxi torniamo in città per fare due passi e goderci il tramonto. Ci sistemiamo su una delle terrazzine panoramiche. Ci gustiamo due cay, io lo prendo alla mela, il mio preferito. E' proprio un angolino delizioso. I minareti decorati e le cupole arricchiscono il panorama. Con il il tramonto, il sole colora il cielo e la leggera foschia sfuma i contorni di alture lontane. Molti gli uccelli che volano in cielo e gli acquiloni. La luce aranciata e calda colora le pietre dorate dei minareti sulla mesopotamia. Un bel tramonto davvero. Sono contentissima di essere rimasta per la notte, adoro questo paesino così vero, antico e rilassante. Adoro l'atmosfera magica.

Per cena ci fermiamo in un posto molto locale e ci godiamo una bella cenetta. Insalata di pomodori con tanto di salsa al melograno, zuppa locale, due piatti di carne con verdure di diverso tipo, riso in bianco e ayran da bere. Ottimo e abbondante. Torniamo a passeggiare per le viette, ora buie della sera.
Anche se qui c'è ancora chi parla l'aramaico non trovo nessuno per conversare sulla lingua di Gesù o per avere maggiori informazioni. La lingua di Gesù?! e dei siri, che un tempo erano gli assiri della Mezzaluna fertile. Magari siamo noi che non ne riconosciamo il suono. Trovo che in aramaico Mardin è formata da "Din" che vuol dire religione e da "Mar" che significa santo.
Dopo cena un cay e ci incamminiamo verso l'hotel. Troviamo ancora i bambini di oggi che ci salutano e dicono che stanno tornando a casa per andare a dormire. Che carini. Andiamo a nanna anche noi. Domani partiamo alla volta di Van. Laghetto arrivooooo ! il viaggio continua !


qualche scatto di Mardin

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