9 agosto 2010
Oggi andiamo, sempre con Aziz, alla scoperta del Nemrut Dagi e delle rovine del regno perduto di Commagene.
Qui, nel 62 a.C., re Antioco I costruisce un misterioso santuario reale: colossali statue di aquile e leoni, di dei greci e persiani, oltre a due enormi sculture rappresentanti lo stesso re. Adrian Gilbert nel suo libro "The Quest for a Secret Tradition" spiega che "
Quello che Antioco stava cercando di fare era produrre una sintesi, una nuova versione delle vecchie religioni e ciò che fece, in sostanza, fu vestire gli dei persiani come quelli greci. E' così che si ottiene la sintesi delle divinità dei due popoli." Costruì una colossale statua di se stesso tra gli dei.
Ho desiderato così tanto arrivare fin qui e raggiungere la sua vetta, sono emozionata. Archeologia, storia e miti si fondono...
Solita sveglia alle 7.00, colazione e doccia. Un tè turco bello carico, frutta. Alle otto puntuali partiamo e subito Aziz ci delizia di un contromano e una rotonda presa al contrario, iniziamo bene. I chilometri per raggiungere il Nemrut sono 150. Faremo comunque delle tappe intermedie perchè ci sono un sacco di altre cose da vedere.
Come gli altri giorni il tempo è bellissimo e nel cielo non c'è una nuvola.
La prima tappa è un punto sopraelevato dal quale si ammira la grande diga di Ataturk che da 15 anni fornisce acqua a tutta la regione. Ha davvero cambiato l'economia e i volti di questi luoghi prima aridi, ora ben coltivati a cotone, grano, pistacchi, melograno, anguria e melone. Per fortuna i finanziatori han tagliato i fondi per la nuova diga che avrebbe distrutti paesini storici unici, come Hasankief.
Ma come si fa a voler sommergere questi villaggi trasudandi di storia, così antici e umili? Mi si spezza il cuore... La strada che percorriamo attraversa appezzamenti di terreno verdi e gialli, grano tagliato e coltivazioni. La grande diga si intravede sempre, sembra un grande lago blu.
A Katha, l'ultimo paese prima del monte Nemrut, ci fermiamo solo per prendere da bere per il viaggio.
Proseguendo la strada inzia a salire dolcemente e la prossima sosta dopo una decina di chilometri è la tomba del tumulo Karakus Tepesi eretto dal re Mitridate II di Commagene per sua madre Isias, alla figlia ed una nipote. E' piccolo e semplice, ma ugualmente affascinante. Il tumulo sepolcrale è alto 35 metri ed ha un diametro di 100 metri circa. Aveva 18 colonne di altezza dieci metri con un'aquila romana sulla sommità. Ora ne è rimasta una sola e l'usura del tempo l'ha danneggiata... ne fa solo immaginare l'orginaria bellezza. Altre 6 colonne alte circa cinque metri ornavano questo sito, ora solo 2 sono rimaste. Una colonna porta in cima un leone e una un toro. Il panorama qui è collinare, si vedono i dintorni e le montagne, in questa mattina assolata e deserta sembra quasi un luogo sconosciuto. Solo silenzio e vento per le strade deserte, sembra di andare in avanscoperta. Incontriamo solo un bus organizzato che torna dall'alba al Nemrut e due chiacchiere fa sempre piacere scambiarle con i pochi turisti che si vedono qui in giro.
Proseguendo per la strada passiamo sul ponte romano Chabinas, costruito nel II secolo sulla gola del fiume Cendere Suyu, dalla Legio XVI Flavia Firma in onore di Settimio Severo, di sua moglie Giulia Domna e dei figli Geta e Caracalla. Il ponte è stato ben restaurato, è carino anche se così nuovo perde quel fascino di antico. Da l'idea di come doveva essere un tempo. E' lungo 150 metri e largo 7 con quattro colonne alte 10 metri alle estremità del ponte. Queste sono originali. Ora ce ne sono solo 3 perchè una è stata distrutta, quella in onore del figlio Geta assassinato dal fratello nel 212.
La gola in cui si trova il ponte è molto bella e anche il fiume è invitante. C'è solo una famiglia che sta facendo pic nic.
La sosta pranzo la passiamo nell'antica Katha. Siamo a 71 km dal Monte Nemrut. ... villaggio antico e ora desolato che mi affascina tanto. C'è una fortezza sulla sommità che domina il paesino, una manciata di case che sembrano dimenticate dal resto del mondo. E' Yenikale (Castello Nuovo) costruito dai Mammelucchi.
Ci fermiamo in un baretto per bere e mangiare qualcosa. Il piccolo villaggio è lì sul monte, tra piccole stalle, mucche e galline ruspanti che in questa giornata limpida e silenziosa paiono gli unici abitanti. Invece no, un abitante vedendoci in giro a zonzo per il paese ci accompagna e ci ospita a casa sua per una piccola sosta , ci parla solo in curdo e gentilmente ci offre cay e uva. L'accoglienza in questo paese è unica. Parla tutto il tempo, ci mostra delle foto. A volte sarebbe carino capire cosa ci dicono. Noi ripetiamo sempre Italia, urfa e Nemrut. Va bè cerchiamo di dire qualcosa.
Ci congediamo, ringraziamo e uscendo da casa ritroviamo Aziz ci porta sotto in una gola dove scorre un fiume dal bel colore smeraldino e ci concediamo un bagno. Ci sono persino delle tartarughe. Cerchiamo un tratto un po' isolato, perchè ci sono dei ragazzi e delle ragazze che entrano vestire. Così visto che noi siamo in costume ce ne stiamo in una zona appartata.. E' uno scorcio estremamente bello in una gola qui nella mitica mesopotamia. Così non solo ho attraversato l'eufrate, ho fatto anche il bagno in mesopotamia, mica roba da poco.. Se non è roba da libri di storia questo, ditemelo!
Il viaggio continua e dopo questo bagno rigenerante si riprende la strada, sempre deserta. Inizia la salita sul monte più alto della mesopotamia, ma per arrivare alla meta finale ne manca di strada.
Arriviamo a Eski Kale, la città di Arsameia, un santuario funebre vicino a Kocahisar che venne costruito da Antioco I in onore del padre Mitridate I. Qui troviamo i primi turisti, asiatici che credono di salire su montagne alte 2.000 metri con ciabatte infradito ai piedi. Un sentiero pedonale sterrato in salita ci permette di raggiungere una piccola terrazza. Qui ci sono i resti di una iscrizione rupestre, in caratteri greci, che è stata ritrovata. Dei gradini scavati nella roccia portano ad un tunnel che scende per 158 metri. Solo una ventina di metri sono ora realmente praticabili. Chissà dove conduceva un tempo. Credo che Aziz si diverta dicendo agli asiatici che nel tunnel ci sono serpenti grandissimi. Questo tunnel passa lungo il versante della montagna, fa un angolo di 35° in orizzontale. Le analisi effettuate dai computer rivelano che in 2 giorni dell'anno i raggi del sole illuminano il fondo del condotto, una volta quando si allinea con la costellazione del Leone, e una volta quando si allinea con Orione, spettacolo. Questo punto nel cielo è interessante perché è quello in cui il Sole incrocia la Via Lattea, la nostra galassia. Per il mondo antico era considerata una delle porte che conducevano in cielo, che si trovano nel punto in cui le stelle si intersecano a nord e a sud. C'erano due porte per il cielo, perciò quel passaggio sarebbe stato il luogo per cui l'anima del re sarebbe ritornata nell'aldilà attraverso l'accesso al cielo
Lasciamo il tunnel per ammirare il bel bassorilievo scolpito nella roccia, risalente al 50 a.C., che ritrae Mitridate I Callinicus che stringe la mano ad Eracle.
Si beve un cay sotto le tende del baretto sotto e si riparte di nuovo, curdi pieni di sorrisi sinceri e quattro chiacchiere.
La strada sale sempre più e verso la fine è in lastre di basalto e un po' ripida, richiede senz'altro attenzione, non ci sono protezioni. Ma non è nulla di così spaventoso, come ho letto da qualche parte.. guida di Aziz a parte. Siamo i primi a salire e la nostra macchina sembra guidata da un pazzo ovviamente, ecco quali sono i pericoli della turchia, altro che PKK, la guida turca è molto peggio! Mai visto Ale così spaventato!!
E' bella la sensazione salendo, sembra che ad ogni curva si arrivi e invece niente.... Sarà che ero impaziente e troppo curiosa, ma mi è sembrato di non arrivare mai. Ogni volta immaginavo di vedere la sommità e invece non si vede ancora niente. Si arriva in un punto in cui si parcheggia, c'è un baretto e si fanno gli ultimi 400 metri a piedi. Abbastanza ripido ma breve, una ventina di minuti intensi. La temperatura si vede subito che cambia, qui a 2.000 metri di altitudine. Il panorama ripaga senz'altro della fatica, si vede tutt'intorno, semplicemente maestoso e magnifico. Il vento soffia e contribuisce a dare una sensazione di isolamento. Si era scelto proprio un bel punto per vedere tutto il regno. Ma la cima ancora non si vede.
E' solo muovendo i passi sugli gli scalini che portano alla terrazza che finalmente scorgiamo questo luogo mitico, in tutta la sua semplice e disarmante bellezza. Arrivati in cima si vede la montagna di sassi che sembra quasi una piramide con le statue e le teste di pietra chiara crollate a terra. Non immagino cosa deve aver provato chi l'ha scoperto per primo.... E' di un fascino incredibile. Le teste crepate in superficie sembrano avere le rughe, per il tempo passato... se ne stanno lì malinconiche, testimoni di un passato glorioso ormai finito... Per fortuna non c'è molta gente. Certo essere da soli qui dev'essere un'emozione indimenticabile, ma ad agosto pensare di trovare questo luogo mitico deserto, è un po' troppo.
Siamo a 2.150 metri e tutto il regno di Commagene è sotto i nostri occhi. Montagne marroni, arancine e toni persino del blu e del violetto si mescolano a profili affascinanti che si sfumano verso l'orizzone. Respirando intensamente mi guardo intorno alla ricerca di queste alture che si estendo a perdita d'occhio, si vede persino l'Eufrate! Penso a questo folle re che ora è ricordato per sempre. Mi immagino che sorrida, quasi, vedendoci qui.. come a dire che la sua gloria in fondo risorge ogni volta che qualcuno arriva fino a qui e si lascia affascinare dalla sua opera.
Qui, sulla sommità del Nemrut, si erge la tomba santuario del re Antioco I di Commagene. Il tumulo di pietra frantumata, di piccoli detriti di calcare, sembra una piramide di 150 m di diametro e 50 m di altezza, perfettamente geometrica. Incredibile essere di fronte a quest'opera di ben 2.000 anni fa.
Le statue sono sotto, in controluce e sembrano mitiche. Non posso far altro che ammirare stupita questa meraviglia.
I terremoti e le intemperie del tempo, nel corso dei secoli hanno danneggiato il sito e decapitato le statue. Le teste ora sono lì alla base del tumulo e lo rendono forse ancora più suggestivo. Pensare che dentro il luogo della sepoltura, che nonostante diversi tentativi, non è stato ancora esplorato perchè non ci sono ancora arrivati. Chissà che sorprese cela, geniale.
Le terrazze erano tre: terrazza nord, terrazza ovest e terrazza est.
Quella a nord è la peggio conservata. Era un punto di racconta per i pellegrini che salivano. Un leone e un'acquila di grandi dimensioni erano le statue all'entrata. Purtroppo non è rimasto nulla.
Noi siamo saliti dalla parte della terrazza est, quella orientale. Le statue sono 5 di un'altezza di 10 metri circa raffiguranti Antioco I, la dea Tyche, Zeus-Oromasde il padre degli dei, Apollo-Mithra-Helios-Ermes ed Eracle-Artagnes-Marte. Sono seduti con le mani sulle ginocchia. C'era un grande altare ed ora ne rimane il basamento. Le statue sono ben consevate, mentre le teste si sono rovinate molto.
Girando la cima arriviamo alla Terrazza ovest, quella occidentale. Ed è ancora una sorpresa più grande. Le statue sono simili, ma molto meglio consevate. Sono gli stessi personaggi perchè secondo la laggenda si svegliavano al'alba (quelle della terrazza est) e si ripietrificavano al tramonto (quelle della terrazza ovest). Era stato costruito doppio, in funzione del levar e del tramontar del sole, mitico. Il leone e l'aquila erano i simboli della dinastia di Commagene e chiudevano la scena, come guardiani ideali di questa tomba. Il leone re degli animali e l'acquila messaggera.
Vi è anche una lastra con in bassorilievo il "leone astrale", uno dei più antichi oroscopi del mondo. E' stato ritrovato persino il testo in greco del pensiero di Antioco I con la volontà di essere sepolto in questo luogo con tanto di riti da eseguire per onorarlo.
Il sole è ancora alto alto nel cielo e restiamo qui seduti ad ammirare questa meraviglia in attesa del tramonto. La fatica e la strada per raggiungere questo luogo valgono le emozioni che sto provando. Senz'altro è da vedere una volta nella vita. La mitica mesopotamia e le teste per terra sono ancora affascinanti sia nella luce violenta del giorno che in quella morente della sera. Mi dicono che un progetto le rimetterà su al loro posto, ma così sono forse ancor più belle.
Forse le statue complete renderanno l'idea originaria del sito, forse tornerò un giorno a rivederle.
Ora rimarrei qui ore, ci siamo rimasti due ore ma il tempo è davvero volato. Sono rimasta incantata a guardare queste teste verso il cielo blu, magnetico nella sua purezza.
Il sole comincia a scendere e a colorare il cielo. In lontanza i profili delle montagne sono avvolti da una foschia azzurrina con toni fino al violetto. Le teste sono baciate dalla luce rossastra e calda del tramonto. La grossa palla infuocata scende fino a somparire inghittita dal profilo nero deli monti, lasciando il cielo, per un pò, di un rosso fuoco.
... indimenticabile.... la sensazione di essere qui, guardare questo luogo mitico da quassù...
Finito il tramonto ci incamminiamo muti al seguito di Aziz che agile scende dal sentierino. Ci sembra che parlando interromperemmo qualcosa di sacro. Lui ci viene due o tre volte la settimana, ma non gli chiedo se si è abituato a quella sensazione di star lì con le teste sulla cima del Nemrut. Ci aspetta una lunga strada per ritornare a casa. Ma i chilometri da percorrere in questo viaggio danno il tempo di pensare, di gustare, di guardagnare ogni meta con soddisfazione. Tre ore è il tempo che impieghiamo per ripercorrere i 150 km di strade a volte interrotte da lavori e non asfaltate.
Alle undici ritroviamo in guest house Ferida che ci aspetta per la cena e gli altri ospiti in relax. Divoriamo l'ultima cena di Urfa, beviamo il tè e dopo aver saldato il conto andiamo a letto. Domani si riparte. Destinazione Mardin.. E siamo solo all'inizio!
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