Una piacevole e leggera brezza marina rinfresca l'aria della sera insediandosi nei vicoletti bianchi del paese. Un lungomare di taverne a gestione familiare, negozietti artigianali di ceramica, un minimarket, un fornaio, un bar direttamente sulla sabbia e una chiesetta.
Già si accendono le prime luci. Bianchi muri intonacati a calce illuminati da lanterne di una luce calda, quasi color oro. Passeggiando per il paese che prende vita vengo subito attratta da un piccolo negozio di ceramiche lungo il corso.
Già si accendono le prime luci. Bianchi muri intonacati a calce illuminati da lanterne di una luce calda, quasi color oro. Passeggiando per il paese che prende vita vengo subito attratta da un piccolo negozio di ceramiche lungo il corso.
20 agosto 2009
Uno di quei laboratori semplici, pieni di polvere, con quei pavimenti che non usano più, fatti a piastrelline di schegge di pietre colorate simili alla Bologna, quel salume tanto curioso che mi piaceva da bambina. Ripiani in legno ricolmi di ceramiche lucide, dai colori semplici, nei toni del blu cobalto, del giallo senape e del verde smeraldo. Terracotta rossa plasmata per lo più tazze e tazzine da caffè, deliziose zuccheriere, piccoli vasetti a righe bianche e blu dal sapore senza tempo, portauova, piattini e posacenere di varie fattezze. Girovagavo incuriosita tra gli scaffali pieni di oggetti che studiavo con molta cura e con una punta di stupore per la bellezza e l'armonia delle loro forme morbide e incredibilmente lucide, coperti dallo smalto cristallino che li faceva luccicare incredibilmente sotto le lampadine del negozio. Il nostro incontro con Andoni avviene proprio qui, attacando bottone mentre mi aggiro curiosa in perlustrazione del suo mondo. In inglese, dato che conosco solo qualche parola in lingua greca e lui non parla italiano. Dall'espressione del suo volto deve aver notato il mio vivido interesse per la sua arte ceramista. Portava una paio di pantaloncini verdi di cotone sbiaditi e sporchi di terracotta e una maglietta altrettanto scolorita e piena di polvere. La pelle del viso olivasta e abbronzata, capelli forti e neri. Un fisico proporzionato, né robusto né slanciato. Ebbi la sensazione di comprendere il meraviglioso carattere greco, un pieno di entusiasmo, generosità, curiosità e passione. Tutte quelle qualità che nelle città molto sviluppate restano solo un ricordo sbiadito dal tempo. Qualità che abbiamo perso da quando veneriamo gli dei del denato e della bellezza. Da quando abbiamo mille bisogni e non ci sentiamo mai soddisfatti. Sembrerà folle o assurdo, ma la sensazione di eternità e luce che si respira in terra ellenica mi ha fatto ricordare di quante poche cose ha bisogno l'uomo. Che la nostra società frenetica ci ha tolto il gusto delle piccole cose. L'essenziale che come diceva il piccolo Principe, è invisibile agli occhi. Perchè gli occhi sono cieci, si vede con il cuore.
Andoni stava svuotando con premura il forno delle ceramiche già cotte e così tra una chiacchera e l'altra siamo finiti per aiutarlo nel suo lavoro. Come se fosse la cosa più naturale del mondo e lo conoscessimo da sempre. Forse perchè ho desiderato che il mio soggiorno non fosse la classica vacanza tutistica ma un piccolo viaggio, nel senso più pieno e ricco della parola. Dapprima prendendo con cautela uno ad uno gli oggettini tiepidi, poi organizzati in una vera squadra. Mentre il nostro nuovo amico ci forniva di ceste spiegando come suddividere gli articoli, io e Alessio agili ci riempivamo le mani per svuotarle poi con maestria ai loro posti. In principio mi sembrava un po' scettivo e vagamente impesierito sull'esito del nostro operato, temendo forse di perdere il lungo lavoro in un nostro attimo di distrazione. Poi vedendo che i nostri spostamenti andavano a buon fine, assunse un'atteggiamento più rilassato ma sempre serio. Il forno era alto un paio di metri e profondo forse anche tre. Il più grande forno per ceramiche che abbia mai visto, non che abbia avuto molte occasioni.
Gli oggetti sembrano infiniti, i ripiani su cui giacevano gli oggetti erano molti e sfruttavano ogni angolo del grande forno. I primi oggetti erano tipidini, quasi già freddi. Gli oggetti sul fondo invece non si erano ancora ben raffreddati e quasi bruciacchiavano i miei polpastrelli sensibili. Nel giro di una ventina di minuti avevamo terminato il lavoro. Completamente sudati, ma fieri del nostro lavoro. Mentre Andoni ci ringrazia calorosamente, chiude il negozio dicendo che ci saremmo trovati dopo una mezzoretta per mangiare e bere insieme come ringraziamento per la nostra disponibilità., dicendo che saremmo andati tutti a farci una doccia e ci saremmo ritrovati più tardi. Così facemmo anche noi, lavandoci via la fatica con una doccia rigenerante e cambiandoci d'abito.
Uscimmo dall'hotel Stavros che il velluto blu della sera era già calato morbidamente come la tenda di un sipario sul piccolo paesino marittimo. Passeggiando per la via del lungomare con le taverne animate e ricche di illuminazioni, negozietti e bar già in attività, notammo che anche il negozio di ceramiche aveva già aperto e raggiungemmo come promesso il nostro amico. Nel frattempo si era cambiato con abiti puliti, tirato giù un banchetto di legno da un muretto del negozio stava comodamente seduto a guardare la Tv. Ci riconobbe subito e i suoi occhi ci salutarono con gioia. Ci invitò a ordinare cibo e bevende per una sera in compagnia chiarendo che avrebbe offerto lui per l'aiuto ricevuto. Ordinammo solo un paio di birre per non essere sfacciati e perchè l'intera cena ci sembrava un'esagerazione per un aiuto così esiguo. Lui ordinò una birra e un piatto di insalata di riso dal ristorante a fianco, i cui tavoli si trovavano un po' in strada e in parte davanti alle vetrine del laboratorio.
Ci spiegò che l'isola di Sifnos ha una lunga tradizione nella lavorazione a mano della ceramica. Ci conquistò subito con i suoi racconti sugli inverni isolani, le feste di paese dove ci si incontra tutti, dove si balla e si mangia fin che si ha energia in corpo, sulla loro fede e la devozione per i santi dell'isola. Catturava l'attenzione di tutti quelli che varcavano la soglia del negozio. In inglese con gli stranieri e in greco con i suoi connazionali. Chissà cosa ci siamo persi nella sua lingua. Sarei stata veramente curiosa di capire quel che diceva, dal momento che faceva sbellicare tutti dalle risate. faceva cadere un vecchio celluare nella bacinella d'acqua sporca e ripescandolo mimava delle conversazioni chissà con chi. ma era incredibilemtne serio appena iniziava il suo lavoro.
Uno di quei laboratori semplici, pieni di polvere, con quei pavimenti che non usano più, fatti a piastrelline di schegge di pietre colorate simili alla Bologna, quel salume tanto curioso che mi piaceva da bambina. Ripiani in legno ricolmi di ceramiche lucide, dai colori semplici, nei toni del blu cobalto, del giallo senape e del verde smeraldo. Terracotta rossa plasmata per lo più tazze e tazzine da caffè, deliziose zuccheriere, piccoli vasetti a righe bianche e blu dal sapore senza tempo, portauova, piattini e posacenere di varie fattezze. Girovagavo incuriosita tra gli scaffali pieni di oggetti che studiavo con molta cura e con una punta di stupore per la bellezza e l'armonia delle loro forme morbide e incredibilmente lucide, coperti dallo smalto cristallino che li faceva luccicare incredibilmente sotto le lampadine del negozio. Il nostro incontro con Andoni avviene proprio qui, attacando bottone mentre mi aggiro curiosa in perlustrazione del suo mondo. In inglese, dato che conosco solo qualche parola in lingua greca e lui non parla italiano. Dall'espressione del suo volto deve aver notato il mio vivido interesse per la sua arte ceramista. Portava una paio di pantaloncini verdi di cotone sbiaditi e sporchi di terracotta e una maglietta altrettanto scolorita e piena di polvere. La pelle del viso olivasta e abbronzata, capelli forti e neri. Un fisico proporzionato, né robusto né slanciato. Ebbi la sensazione di comprendere il meraviglioso carattere greco, un pieno di entusiasmo, generosità, curiosità e passione. Tutte quelle qualità che nelle città molto sviluppate restano solo un ricordo sbiadito dal tempo. Qualità che abbiamo perso da quando veneriamo gli dei del denato e della bellezza. Da quando abbiamo mille bisogni e non ci sentiamo mai soddisfatti. Sembrerà folle o assurdo, ma la sensazione di eternità e luce che si respira in terra ellenica mi ha fatto ricordare di quante poche cose ha bisogno l'uomo. Che la nostra società frenetica ci ha tolto il gusto delle piccole cose. L'essenziale che come diceva il piccolo Principe, è invisibile agli occhi. Perchè gli occhi sono cieci, si vede con il cuore.
Andoni stava svuotando con premura il forno delle ceramiche già cotte e così tra una chiacchera e l'altra siamo finiti per aiutarlo nel suo lavoro. Come se fosse la cosa più naturale del mondo e lo conoscessimo da sempre. Forse perchè ho desiderato che il mio soggiorno non fosse la classica vacanza tutistica ma un piccolo viaggio, nel senso più pieno e ricco della parola. Dapprima prendendo con cautela uno ad uno gli oggettini tiepidi, poi organizzati in una vera squadra. Mentre il nostro nuovo amico ci forniva di ceste spiegando come suddividere gli articoli, io e Alessio agili ci riempivamo le mani per svuotarle poi con maestria ai loro posti. In principio mi sembrava un po' scettivo e vagamente impesierito sull'esito del nostro operato, temendo forse di perdere il lungo lavoro in un nostro attimo di distrazione. Poi vedendo che i nostri spostamenti andavano a buon fine, assunse un'atteggiamento più rilassato ma sempre serio. Il forno era alto un paio di metri e profondo forse anche tre. Il più grande forno per ceramiche che abbia mai visto, non che abbia avuto molte occasioni.
Gli oggetti sembrano infiniti, i ripiani su cui giacevano gli oggetti erano molti e sfruttavano ogni angolo del grande forno. I primi oggetti erano tipidini, quasi già freddi. Gli oggetti sul fondo invece non si erano ancora ben raffreddati e quasi bruciacchiavano i miei polpastrelli sensibili. Nel giro di una ventina di minuti avevamo terminato il lavoro. Completamente sudati, ma fieri del nostro lavoro. Mentre Andoni ci ringrazia calorosamente, chiude il negozio dicendo che ci saremmo trovati dopo una mezzoretta per mangiare e bere insieme come ringraziamento per la nostra disponibilità., dicendo che saremmo andati tutti a farci una doccia e ci saremmo ritrovati più tardi. Così facemmo anche noi, lavandoci via la fatica con una doccia rigenerante e cambiandoci d'abito.
Uscimmo dall'hotel Stavros che il velluto blu della sera era già calato morbidamente come la tenda di un sipario sul piccolo paesino marittimo. Passeggiando per la via del lungomare con le taverne animate e ricche di illuminazioni, negozietti e bar già in attività, notammo che anche il negozio di ceramiche aveva già aperto e raggiungemmo come promesso il nostro amico. Nel frattempo si era cambiato con abiti puliti, tirato giù un banchetto di legno da un muretto del negozio stava comodamente seduto a guardare la Tv. Ci riconobbe subito e i suoi occhi ci salutarono con gioia. Ci invitò a ordinare cibo e bevende per una sera in compagnia chiarendo che avrebbe offerto lui per l'aiuto ricevuto. Ordinammo solo un paio di birre per non essere sfacciati e perchè l'intera cena ci sembrava un'esagerazione per un aiuto così esiguo. Lui ordinò una birra e un piatto di insalata di riso dal ristorante a fianco, i cui tavoli si trovavano un po' in strada e in parte davanti alle vetrine del laboratorio.
Ci spiegò che l'isola di Sifnos ha una lunga tradizione nella lavorazione a mano della ceramica. Ci conquistò subito con i suoi racconti sugli inverni isolani, le feste di paese dove ci si incontra tutti, dove si balla e si mangia fin che si ha energia in corpo, sulla loro fede e la devozione per i santi dell'isola. Catturava l'attenzione di tutti quelli che varcavano la soglia del negozio. In inglese con gli stranieri e in greco con i suoi connazionali. Chissà cosa ci siamo persi nella sua lingua. Sarei stata veramente curiosa di capire quel che diceva, dal momento che faceva sbellicare tutti dalle risate. faceva cadere un vecchio celluare nella bacinella d'acqua sporca e ripescandolo mimava delle conversazioni chissà con chi. ma era incredibilemtne serio appena iniziava il suo lavoro.
Si era fatto tardi e lo notammo più dal nostro stomaco brontolante che dai nostri orologi.
Salutammo Andoni con un "Yassou ta leme avriò", che in greco significa "ciao ci vediamo domani" e che lo stupì. Adoro sfoggiare le poche parole greche che conosco. Ottengo sempre un rispetto smisurato.
Lo ringraziammo per le birre e lui ci diede appuntamento alle due del pomeriggio successivo dicendo che ci avrebbe portato a fare un giro in barca con lui e altre ragazze.
Entusiasti e incuriositi ci dirigemmo in cerca di un ristorante per cenare, dal momento che erano passate le undici e svenivamo dalla fame. Restammo nel ristorante a fianco del negozio su un tavolino che dava sulla strada animata dalla passeggiata serale. Gustai la moussaka più buona mai assaggiata in Grecia, cotta in un tegame di terracotta rosso lucido. Completammo la cena con l'immancabile insalata greca e polipo, tutto anaffiato da vino bianco. Direi buon vino bianco greco!
Quando finimmo di cenare e chiedemmo il conto al cameriere, con nostra grande sorpresa ci informò che Andoni delle ceramiche aveva saldato il conto per noi, rivelandogli che lo avevamo aiutato, lavorando sodo nel suo negozio. Avrei voluto vedere le nostre facce esageratamente sorprese per il gesto di cortesia superfluo nei nostri confronti. Ma il cameriere con fare ironico e leggero ci disse di non preoccuparci troppo, dal momento che il signore delle ceramiche è notoriamente benestante.
Finimmo la nostra serata facendo quattro passi in prossimità del porto, dove sono ormeggiate diverse barche a vela. Una notte fonda e buia come un abisso, rischiarata solo dalla luce di qualche lampione e hotel. La Luna si specchia e si riflette nelle onde come lampi d'argento. Le barche attraccate vacillano cullate dal moto ondoso del mare, tutt'intorno nel silenzio più totale solo il rumore della risacca e delle russate che provengono dalle piccole imbarcazioni, mentre la falce della luna metallo risplende nella notte buia della piccola baia di Kamares.
Lo ringraziammo per le birre e lui ci diede appuntamento alle due del pomeriggio successivo dicendo che ci avrebbe portato a fare un giro in barca con lui e altre ragazze.
Entusiasti e incuriositi ci dirigemmo in cerca di un ristorante per cenare, dal momento che erano passate le undici e svenivamo dalla fame. Restammo nel ristorante a fianco del negozio su un tavolino che dava sulla strada animata dalla passeggiata serale. Gustai la moussaka più buona mai assaggiata in Grecia, cotta in un tegame di terracotta rosso lucido. Completammo la cena con l'immancabile insalata greca e polipo, tutto anaffiato da vino bianco. Direi buon vino bianco greco!
Quando finimmo di cenare e chiedemmo il conto al cameriere, con nostra grande sorpresa ci informò che Andoni delle ceramiche aveva saldato il conto per noi, rivelandogli che lo avevamo aiutato, lavorando sodo nel suo negozio. Avrei voluto vedere le nostre facce esageratamente sorprese per il gesto di cortesia superfluo nei nostri confronti. Ma il cameriere con fare ironico e leggero ci disse di non preoccuparci troppo, dal momento che il signore delle ceramiche è notoriamente benestante.
Finimmo la nostra serata facendo quattro passi in prossimità del porto, dove sono ormeggiate diverse barche a vela. Una notte fonda e buia come un abisso, rischiarata solo dalla luce di qualche lampione e hotel. La Luna si specchia e si riflette nelle onde come lampi d'argento. Le barche attraccate vacillano cullate dal moto ondoso del mare, tutt'intorno nel silenzio più totale solo il rumore della risacca e delle russate che provengono dalle piccole imbarcazioni, mentre la falce della luna metallo risplende nella notte buia della piccola baia di Kamares.
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