lunedì 22 giugno 2009
SENSAZIONI MAROCCHINE
Marocco è riprendere la strada ed incontrare greggi di capre bianche e nere, che in fila nella pianura sembrano tanti puntini che decorano questa cornice marocchina. Pianure color nocciola ornate alle spalle da montagne cacao. La valle successiva è un'altra miscela di colori tenui nei toni del rosa, dell'arancio, del verde e del marrone delle montagne. E' passare una zona sabbiosa con piccole colline marroni che si susseguono. Poi in contrasto con la pianura color grano e le montagne più basse marroni, appaiono in lontanaza le vette più alte, rocce grige coperte dalla neve. La neve così bianca sotto il sole contrasta con i colori caldi della terra africana. Sulle colline resti di kasbah antiche. Vecchi ammassi informi di case mutilate fatte di quel fango. Hanno lo stesso colore della terra e quasi è difficile distinguerle.
Sono gli abiti stesi sugli alberi a fianco della moschea sulla strada per Tarroudannt. Sono le capre che si arrampicano sugli alberi e agili arrivano fino alla cima. Sono chiamate le capre dell'argan. Proprio perchè si arrampicano solo su questa pianta, per mangiare le sue foglie. E dal quale si fa un olio più caro del petrolio.
Sono le mura di Tarroudannt che viste sotto la luce calda del tramonto assumono i toni cangianti del rosso e ti senti dentro una fiaba delle mille e una notte. Sono i calessi di ferro verdi con sopra il baldacchino in stoffa colorata, trainati dai cavalli che passano per la città. E' notare che i calessi portano quasi solo le persone del posto. E' la porta dalla forma tipica marocchina che da accesso alla Medina, che qui costituisce quasi tutto il paese. E' entrare in questo viale di palme, mura merlate e montagne in lontanza e trovare tutto il mondo berbero. E' osservare dall'alto delle mura le ombre del sole che si allungano, i suoi colori che si scaldano e striano la città con i loro giochi di luci e ombre. Sono i vestiti tipici marocchini coloratissimi delle persone per la strada e sulle panchine. Sono le ombre delle palme sulle mura rosse. Sono le chiome delle palme che fanno capolino dai merletti delle mura.
È entrare nella Medina e trovare il caos più totale di persone, bici, carretti e motorini. E accorgersi che, nonostante tutto, è completamente tranquillo e sereno, qui, in questo incessante andirivieni.
È osservare il cielo che si tinge di rosa per il tramonto e le luci dorate delle bottegucce che si accendono in questo crepuscolo di gennaio, in un clima che non riusciamo ad identificare come inverno. Sono le macellerie marocchine, buchi di due metri per due, senza finestre, quasi sembrano piccoli garage. La facciata di cemento grezzo, solo per metà in basso coperta da piastrelle di maiolica decorate in puro stile arabo. Sono gli animali che vengono appesi fuori in bella vista. Quasi come un'invito all'acquisto visivo. Polli interi appesi per i piedi, sotto la luce delle lampadine che li mette in risalto.
E' passeggiare sotto le mura ora che il sole è calato ed il cielo è buio. E' ammirare il colore delle luci oro caldo che battono sulle famose mura della città, tra palme e passanti ed un cielo blu come un velluto. È cercare un taxi e dover contrattare. È rimanere lì alla mercè dei tassisti che sembrano non volerti portare. Poi ci ripensano, il prezzo sale, scende. Poi ne arriva un altro che ti porta lui e sale anche un altro dei taxisti. È rientrare per cena nella nostra fattoria berbera a 3 km dalla città, immersa nell'aranceto. E' vedere che l'ex presidente Chirac vive e vuol muorire qui.
E' riprendere la strada la mattina e vedere la città avvolta da altri colori. Dal cielo azzurro intenso e le sue mura di quel color fango così schiette sotto la luce ora violenta del sole. E' passare nella valle del Souss, per la strada che da Tarroudannt arriva a Mirleft o Sidi Ifni ed attraversare per ore campi coltivati. E' la zona agricola. Fatta di quell'agricoltura ancora primitiva e senza mezzi moderni.
È la terra scura e rossastra in netto contrasto con i germogli verdi intensi delle piantagioni. Sono i taxi per la strada che qui son tutti mercedes azzurre puffo. I camion carichi fino a sopra il limite.
E' scoprite Tiznit. Mercato preferito dei berberi, una volta. Le sue vie piastrellate sempre color mattone, le sue case dello stesso colore. E' perdersi tra le bancarelle e le minuscole botteghe dalle porte e finestre azzurre. E' la strada invasa da persone a piedi e in bici, andatura flemmatica ed esasperante. Completamente non curanti del fatto che stia per sopraggiungere un veicolo.
E' arrivare e scorgere all'improvviso l'oceano, infinito davanti ai nostri occhi. È l'immagine di un padre che tiene per mano la sua bambina sulla spiaggia avvolta dalla foschia e dalla luce del sole.
Case bianche sul mare e tende dei nomadi di mare. Le città che fin'ora eran color fango, qui splendono in tutto il loro biancore. E' vedere che il mare e il deserto alla fine si somigliano, una distesa immensa di sabbia o di acqua.
E' arrivare a Sidi Ifni e vedere che sembra davvero un paese abbandonato. E' sentire per le strade solitarie e assolate, i bagliori di un passato che fu e che ora non ha nulla da fare. Sono le porticine azzurre in ferro delle botteghe chiuse, l'una accanto all'altra che danno sulla strada. E' il bus bianco dalle strisce rosse e arancio. Le cabine del telefono nuove in fila, in questo paese dai muri scrostati e le strade vuote. E' bianco delle case ravvivato da murales colorati accanto a palme verdi. Sono le imponte rosse e azzurre delle mani dei bambini sui muri, che si dice, portino fortuna. Sono i tappeti colorati messi ad asciugare sui tetti. È il miglior tajine di pollo che mangiamo in tutta la vacanza.
Sono le ampie spiagge sabbiose con le rocce rosse sul mare. Archi di roccia bellissimi sull'oceano. E' il suf che qui vengono a praticare. È la tartaruga che attraversa la strada e ti fermi a spostare. Il paesino bianco di Mirleft con le sue case cubiche bianche con le inferiate azzurre. È la collina alle sue spalle rossa con piccoli cespugli verdi, un castello in rovina sulla sua cima e l'immancabile scritta bianca: Dio, patria, re.
E' il tramonto che vediamo dalla collina su cui si trova il ns hotel, proprio sotto al castello, ammirando l'oceano e il paesino mentre il sole si inabissa come un arancia rossa nel mare infinito.
È gustarsi l'ennesimo tè alla menta in questo luogo di pace. È salire sulle rovine di fango del castello e trovare l'autista, un pescatore e un ragazzo delle montagne che porta turisti sull'asino. Ma ora non fa nulla, perchè i turisti non ci sono. Le colline intorno sembrano soffici panettoni, con le loro alture modeste e le forme arrotondate. La terra ha i colori del rosso sangue che arrivano al porpora e al nocciola, interrotte da piccoli cespugli verdissimi.
Marocco del sud è la polvere delle strade della casbah di Tamegroute. La sua ceramica, terra rossa cotta al sole, lo stesso colore del suolo, del fango della casbah e delle terre che lo circondano. E' la scritta di vernice bianca “Maison sahara” sulla porta di legno vecchia e bruciata dal sole di una delle case della kasbah. Porte in ferro battuto azzurre o marroni con decorazioni bianche vernicate, incastrate in cubi di fango. Benvenuti in Marocco.
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