Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due
catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello
sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e
a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia
costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che
renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in
cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le
rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in
nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito di tre grossi
torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino,
l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che
in vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo,
purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a
settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e
vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. Per
un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in
poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l’ossatura de’ due
monti, e il lavoro dell’acque. Il lembo estremo, tagliato dalle foci de’
torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne, sparse di
terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si prolungano su per
la montagna. Lecco, la principale di quelle terre, e che dà nome al territorio,
giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte a
trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giorno
d’oggi, e che s’incammina a diventar città.
I promessi sposi
Nessun commento:
Posta un commento