Ani è un'antica meraviglia in rovina, Ani è la città nata con il ruolo di fortezza in luogo strategico per volere di una dinastia armena, Ani è la città delle quaranta porte, è la capitale delle mille chiese armene sulla via della seta, Ani è la città fantasma con il fascino del confine orientale turco, Ani è la città saccheggiata, terremotata, squarciata dai fulmini, dalle conquiste della storia, dimenticata.
Ani nel medioevo era una città bellissima protetta dalle mura e dalla forma naturale del crepaccio.
Sveglia presto e colazione veloce a base di yogurt locale e frutta fresca con delizioso miele curdo. Oggi sono gasata, andrò finalmente ad Ani. Sono arrivata fin qui apposta praticamente! Per immergermi in questa antica città medioevale del X secolo ora in rovina, un campo di chiese armene ai confini della Turchia, quello che resta di un glorioso passato.
Un canyon naturale divide il sito in terra Turca dall'Armenia.
Un confine protetto dai militari e lontano dalle altre mete.
Qui non ci si passa certo per caso, ci si arriva macinando chilometri, tra solitarie strade che profumano di est, panorami che iniziano a somigliare alla Georgia e all'Armenia.
Partiamo alle 9.00 puntuali dal nostro piccolo albergo di Kars per raggiungere il sito di Ani. La gita la organizza un signore che con un dolmus ha raggruppato una decina di persone per 30 tl a testa (15,00 euro). Quarantacinque chilometri ci separano dalla meta.
Osservo il panorama scorrere veloce dal finestrino del pulmino guidato all'impazzata dal curdo che accompagna. Collinette e campi verde acido e aranciato a perdita d'occhio ci circondano in questa giornata soleggiata.
Ani fu la capitale del regno armeno che una volta si estendeva anche per gran parte della Turchia orientale oltre che a quella che oggi è l'Armenia.
Oggi giacciono solitari nel vento le rovine di quella che fu una città gloriosa, anche se per poco.
Prese il nome dalla dea persiana Anahid, l’equivalente greca venerata dagli urartei. Venne scelta come capitale da re Ahot III che si trasferì da Kars.
Venne soprannominata la città delle mille chiese per la prosperità di chiese e monumenti, anche se in realtà erano circa una quarantina tra cappelle e chiese.
Erano uno dei maggiori crocevia delle rotte commerciali dell'Asia minore e una città che all'epoca rivestiva molta importanza, era nota per la sua eleganza e le sue chiese.
Venne saccheggiata e attaccata dai Bizantini, dai Turchi, cadde in mano ai curdi e in fine ai Mongoli.
Venne abbandonata definitivamente in seguito ad un terremoto che nel 1.319 la distrusse significatamene.
Ora il suo fascino di città fantasma in rovina attira romantici viaggiatori in cerca di un luogo affascinante e vero, poco battuto ma misticamente bello.
Attraversiamo steppe turche solitarie e impregnate di storia, quasi scomode e dimenticate.
Silenzio assoluto, vento che accarezza i campi intorno. Ricchezze culturali e gioielli armeni in queste steppe di pascoli ben poco famosi.
Il nostro dolmus procede su una strada deserta che porta verso l'Armenia attraversando l'altopiano stepposo che ospita qua e la piccoli gruppi di animali da pascolo.
Qui si produce formaggio e yogurt soprattutto.
Terra secca giallastra e verdognola che sembra ai confini del mondo, lontano da tutto.
Qui torna subito in mente l'isolamento di cui si parla nel libro "Neve" di Pamuk.
Tutt'intorno nulla a parte greggi e qualche capanna nella piana. Ha un fascino particolare questo luogo remoto.
Appena arrivati al sito, noto che hanno restaurato le mura d'ingresso con le torri. Le pietre chiare sono quelle nuove, mentre quelle scure e consumate sono le parti originali rimaste ad oggi. Immancabile la bandiera turca alzata sopra la porta d'ingresso.
Il sito è ancora deserto, non c'è nessun altro a parte il nostro piccolo dolmus e le guardie.
L'ingresso costa 5 lire turche a persona. All'interno l'area è una valle che possiamo girare in autonomia nella quale si trovano le chiese e i reperti rimasti. All'ingresso una mappa del sito permette di farsi un'idea, ma anche perdersi come esploratori alla ricerca ha il suo fascino.
Cerco di immaginarmi come potesse essere Ani, che si trovava sulla via della seta, passaggio per mille viaggiatori e mercanti, che in un tempo ormai lontano passavano per forza di qui.
Ora noi camminiamo curiosi in questo silenzio rotto solo dal vento e dall'energia della storia passata. Era un centro fiorente ed importante poiché in posizione strategica per le vie commerciali. Era persino molto avanzata, per l'epoca, a livello tecnico ed artistico.
Divenne capitale dell’Armenia nel 961 sotto la dinastia dei Bagratidi. Nel 1045 cadde sotto il controllo bizantino e nel 1064 i Selgiuchidi turchi l'assediarono e ne massacrarono la popolazione. Fu solo il primo dei massacri che ne segnarono la fine, che orrore le pulizie etniche.
Le mura fortificate erano lunghe 2 km e racchiudevano la cittadella.
Entriamo superando la cinta muraria e camminiamo alla ricerca delle chiese che nella steppa arida e giallina appaiono quasi come visioni. Il loro fascino è ancora intatto, nonostante il tempo passato.
Le condizioni atmosferiche ed i terremoti le hanno squarciate e più o meno danneggiate. Ma il fatto che siamo ancora originali e nessuno le abbia restaurate, fa si che siamo autenticamente belle.
Il fatto che questo sito non sia stato molto curato, la trovo forse una fortuna. Così tutto è originale, anche se mal messo.
C'erano una quarantina di porte e un centinaio di chiese in questa città che raggiunse i 200.000 abitanti e un'importanza paragonabile a Costantinopoli. Vederla qui abbandonata per secoli e in rovina ha un fascino unico.
Pietre rosse che spuntano dai ciuffi d'erba secchi d'agosto. Solo i monumenti religiosi sono sopravvissuti. Delle case e del resto, non rimane nulla praticamente.
Entrando ci dirigiamo verso destra e troviamo i resti di un torchio per l'olio. I fiori secchi scossi dal vento fanno da cornice a queste rovine solitarie e il sole si alterna alle nuvole contribuendo a creare magia in questa preziosa valle fuori dal tempo.
Arrivo alla Chiesa del Redentore, spaccata perfettamente a metà da un fulmine nel 1957. E' ancora qui, come un dolce tranciato di netto da un coltello con le briciole che ancora sono ai suoi piedi. Starei ore a guardarla, è di una bellezza così grezza e magnetica.
Girando il sito attira la mia attenzione anche da lontano. E' unica. La base della Chiesa è circolare e all'interno si sviluppano diverse absidi. Esternamente è in pietra rossastra e scura perfettamente levigata. All'interno la base è come l'esterno in pietra rossa. Mentre il resto delle pareti interne sono di un bianco panna. Termina in cima a forma di cupola. Sulla facciata esterna sono incise in lingua armena le informazioni secondo le quali la chiesa venne costruita nel 1034 per ospitare la vera croce che arrivò qua da Costantinopoli. Ancora leggende?
la chiesa del Redentore Ani |
Vicino al canyon che divide Turchia e Armenia scorgiamo la Chiesa di San Gregorio l'illuminatore. (Resimli kilise, ovvero chiesa con dipinti tradotto in lingua turca). Risale al 1.215 e all'interno gli affreschi, anche se rovinati dai vandali, sono i meglio conservati del sito.
Il bianco e il blu sono i colori dominanti delle belle scene religiose affrescate in cui si diffonde la luce che penetra dalle finestrelle della cupola regalando un'atmosfera ancora sacra e di grande fascino. Sui muri ben conservate ci sono incise scritture armene ed elementi di decoro raffinati.
affreschi di San Gregorio |
Qui il canyon del fiume Akhurian delimita il confine con l'Armenia di cui vediamo ora i militari armati che stanno immobili e sembrano guardare verso di noi.
Da qui si scorge il Convento delle Vergini, in turco Kusanatz, che si trova sull'orlo della gola Arpa Cayi. Struttura solitaria di pietre rosse invase dai ciuffi d'erba e corrose dal tempo.
Si nota nella vallata la Cattedrale di Ani in tufo rosso, costruita nel Xi secolo dall'architetto Trdat che fu trasformata in moschea della Vittoria "Fethiye Camii" ed è l'elemento più imponente del sito.
La sua pianta rettangolare e la sua forma rude e imponente spiccano tra queste solitarie valli.
La cupola è crollata e al suo posto è rimasto solo il buco ormai erboso, dal quale fa capolino l'azzurro del cielo d'agosto.
Il campanile venne invece abbattuto quando venne convertita in moschea.
Un'altra moschea è la Menucer Camii dalla forma rettangolare. Facilmente riconoscibile per il minareto ottagonale tronco che svetta verso il cielo. Fu la prima moschea dell'Anatolia, costruita dai turchi nel 1072, eretta quando arrivarono ad Ani, scelsero come governatore della città un capo delle tribù curde locali e fecero costruire la moschea, che ora è un mix di stile tra armeno e selgiuchida.
Camminando come esploratori si ha la sensazione di scoprire ogni cosa. Il tempo qui non mi basta mai. Non fa nemmeno così caldo e c'è un bel sole. Girovagare è un piacere.
Della Cittadella di un tempo resta ben poco, ma saliti intravediamo le abitazioni trogloditiche, grotte scavate sulla parete della gola che furono case di poveri o nascondigli cristiani. Non è certo. A intuito li reputo nascondigli cristiani, di cui la Turchia è piena. Arrivarono da tutti i paesi circostanti per nascondersi.
Delle case della città sono rimasti solo pochissimi muretti. Li trovo verso il canyon e la chiesa tagliata a metà si staglia come sfondo verso il cielo azzurro.
Scorgiamo i resti di quello che fu il Tempio del Fuoco del culto zoroastriano.
La visita di Ani è stata indimenticabile. Unica. Fuori dal tempo. Un vero tesoro.
Uno di quei luoghi che restano indelebili.
Uscendo dal sito ci concediamo un te, un bicchierino di cay caldo, prima che il nostro dolmus riparta.
Ripercorriamo la strada della mattina una distesa a perdita d'occhio di campi stepposi con mucche e pecore al pascolo nel nulla.
Ani |
Torniamo a Kars che sono le 13.30 e facciamo un giro per la cittadella assolata che si sviluppa ai piedi della fortezza di Seljuk Kars Kalesi, del dodicesimo secolo.
I bambini che incontriamo sono riservati, ci notano e ci sorridono sempre.
La cattedrale, chiamata in seguito Chiesa degli Apostoli, venne costruita quando Kars faceva parte del territorio dei Bagratidi e ne divenne capitale dal 928 al 961.
Si trova sotto al castello ed ha una cupola su una base quadrata con quattro absidi. Sulla cupola un bassorilievo dei dodici apostoli e per finire un tetto conico. Nel 1998 è stata convertita in moschea.
Da un volantino pubblicitario in russo vedo le foto della cittadella nera di Kars sotto una coltre di neve bianca. Un bel contrasto. Qui in inverno le temperature sono molto rigide ma con la neve candida ha il suo fascino.
Scopro anche che Anna Zimmerman, la nonna materna del cantante Bob Dylan crebbe in questi dintorni.
Finiamo il tempo libero giocando a backgammon in hotel con il ragazzo della reception che ovviamente esperto del gioco mi straccia clamorosamente. Io perdo ma Alessio riesce a batterlo! Mitico! Io vengo sconfitta ancora una volta mentre il ragazzo dice: super Diana, ad ogni dado che tiro! Prova a incoraggiarmi ma ho bisogno ancora di molta pratica.
Sorseggio cay caldo mentre osservo divertita le partite ed i dadi che girano veloci.
La gentilezza e la simpatia dei curdi di questa zona è memorabile, la loro sincera e calorosa accoglienza è una carezza al cuore. E' quello che ogni vero viaggio dovrebbe essere, l'incontro con l'altro oltre che con la storia.
Arriva presto l' ora di partire, e dispiace. Non si possono scordare le persone di questo paese, ne sono certa. Ogni volta è così, mi sento tanto a casa e a mio agio, che rimarrei.
Il signore che organizza le escursioni ad Ani ci vede uscire dalla hall con le valige e generosamente ci da un passaggio all'agenzia dove prenderemo il bus. Ennesima gentilezza turca, in questo caso.
Riempio gli occhi delle ultime immagini prima di partire. Altro trasferimento. Sono le 17.00 arriveremo domani alle 9.00 del mattino ad Ankara, dopo una notte di soste e cay offerti, dolcetti e biscottini turchi.
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le foto di Ani
ani Fethiye Camii |
chiesa di san Gregorio l illuminatore |
Chiesa di San Gregorio di Tigran Honents ANI |
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