12 agosto 2010
Siamo a Van, ex capitale dell'antico regno Urarto di Tuşpa nel IX secolo. La storia anche qui è ovunque. E di cose da vedere ce ne sono; l'isola Akdamar, I'isola Çarpanak, il vulcano Nemrut con i laghi termali, le cascate di Muradiye 88 km a nord e le cascate di Gahnispi-Beyaz Cesme km 60 a sud. A Gevas le tombe, i "Turbe" selgiuchidi, lapidi e il mausoleo di Halime Hatun.
Il lago di Van è il più grande della Turchia, e considerato uno dei luoghi più belli, tanto da esser soprannominato la perla dell'est. In lingua locale il suo nome è Van Gölü. Nacque a causa di un'eruzione del vulcano Nemrut, quando la lava chiuse il bacino bloccando il flusso d'acqua che usciva verso la pianura di Muş. Il vulcano, ora inattivo, si trova verso la riva occidentale del lago. Dalla parte settentrionale si trova un altro vulcano inattivo, il Süphan Dağı.
Ci svegliamo di buon'ora e si vede che ancora non ci siamo ambientati. In hotel non capiamo che abbiamo compresa la colazione, perchè non lo dicono e noi non chiediamo. Alzati presto, penso di fare colazione in uno dei posti con specialità locale di yogurt e miele. Ieri sera la città era molto vivace. Mi scordo completamente del ramadam e l'idea affiora solo quando vediamo per le strade che è tutto chiuso! Nooo! Chiediamo ai bambini, ma pare che non ci siano infedeli e nemmeno bar complici. Non so perchè ma l'idea dell'hotel proprio non mi viene. L'unico che troviamo è una catena di ristorazione turca, vista anche a Istanbul, come potrebbe essere il burgher king. Prendo una spremuta di arancia e un maffin. Ecco, mai fidarsi! Sarà l'aranciata assassina!
Prendiamo il bus che porta a Gevas e da li dovremo cambiare per raggiungere il posto di imbarco per l'isola di Akdamar, che da Gevas dista 5 km. Come gli altri giorni, la giornata è bello. L'aria verso il lago è più fresca del solito. Il clima è ideale.
Gevas con la rotonda che ritrae il mostro del lago di Van mi fa sorridere di tenerezza. Avevo letto questa storia sul web.
Già nel 1968 Ismail Kaptan, un pescatore del luogo vide il mostro per la prima volta mentre era in acqua con tutta la famiglia. Disse che rischiò di naufragare e che il mostro lungo circa 17 metri aveva le sembianze di una lucertola. Il pescatore dice di aver avuto altri quattro incontri ravvicinati, sempre tra maggio e giungo e altre volte è sicuro di averlo avvistato in lontananza. Sostiene che si nutra solo di pesci ed alghe e possa nascondersi nelle grotte che si trovano tre coste del lago.
Secondo lui anche un deputato locale, Zeri Ergezere, ed il vicegovernatore della provincia, Bestami Alkan avrebbero assistito alle emersioni del mostro. Com'è facile da intuire le autorità della capitale sono scettiche e non appoggiano l' iniziativa di ricerche sul fenomeno. Un altro deputato locale però ha raccolto le leggende locali e ha trovato che le iscrizioni cuneiformi della città di Van, risalente al regno di Urartu sorto intorno all' 850 a.C., facevano riferimento al mostro. Secondo una leggenda locale vigila sul Sacro Graal che sarebbe custodito in una delle grotte sommerse. Ma che bella leggenda, mi piace! E poi le statue che lo ritraggono sono buffe e tenere, sembra Denver! Noi comunque non l'abbiamo avvistato.
Percorrendo la strada costiera con il dolmus ci sono diverse spiaggette dall'acqua caraibica. Strisce sorprendentemente azzurrine striano la superficie lacustre. La dimensione immensa del lago, regala quasi la sensazione di essere al mare. Gabbiani bianchi punteggiano le piccole insenature azzurrine.
Anche qui basta un cenno per salire sul bus quando si è in strada o scendere dove si vuole. Ci sono anche un paio di sgabellini per far posti aggiuntivi sul dolmus. Anche in questo caso siamo gli unici turisti e destiamo sguardi curiosi. Il litorale è ancora naturalmente intatto. Davvero bello.
ISOLA AKDAMAR
Partendo dalla cirrà di Van il bus ci porta pochi chilometri dopo Gevas, dove si trova il punto in cui le barche partono per l'isola di Akdamar. Scendiamo in un punto in cui c'è solo un bar con pergolato e un punto di imbarco. L'ingresso all'isola costa 3 lire turche.
Qui
c'è una pace assoluta e le acque del lago sono davvero
straordinariamente azzurrine. Tutt'intorno le vette delle montagne fanno
da cornice a questa bella mattinata d'agosto. Siamo quasi soli e
l'imbarcadero ci informa che il battello parte quando è pieno.
Aspettando qualche minuto dal bar arriva qualche turista, ma siamo solo
in dieci. Temendo di aspettare ore decidiamo di pagare doppio per
comprare la corsa. Si può fare. Sono tutti turchi tra noi, altri due
italiani e un ragazzo tedesco. All'ultimo arrivano in macchina una
decina di persone e siamo proprio il numero giusto per partire, così
paghiamo la corsa una volta, 5 lire a testa e possiamo partire. Vorrei
non essere italiana quando l'altra coppia mi fa discorsi sul fatto che
siamo arrivati primi e siamo i padroni del battello, perciò potremmo
rivendere a prezzo alto i biglietti ai nuovi arrivati, così da viaggiare
gratis. Vorrei buttarlo nel lago, ma faccio finta di perdermi in
chiacchiere con il ragazzo tedesco e non gli do retta, pazzesca la
brutta mentalità italiana. Siamo peggio dei turchi. E la mia lista di
popoli migliori, aumenta..
I 3 chilometri che ci separano da quest'isoletta deliziosi passano in 15 minuti. Sull'isola brulla di terra marroncino chiaro si erge fiera la Chiesa della Santa Croce, meraviglioso esempio di architettura armena. Una chiesa millenaria, che da poco è stata restaurata e si mostra in tutto il suo elegante splendore. Ora è aperta come museo perchè il governo di Ankara ha negato l’uso dell’edificio come chiesa e si rifiuta di porre una croce sulla cupola, com’era nell’originale. Non sono mancate le polemiche e la data di inaugurazione era stata spostata quattro volte. Le autorità religiose armene non hanno assistito alla cerimonia. Se non erro è stato nel 2007.
Polemiche a parte, la chiesa rossa che fiera si leva dalle acque azzurrine è davvero splendida. Era stata costruita tra il 915 ed il 921 d.C. per volere del re armeno Gagik I perchè aveva scelto di risiedere lì. Ha fatto erigere un grande palazzo con vie, giardini e frutteti, la Chiesa della Santa croce e un monatero. Durante il genocidio armeno è andato tutto distrutto tranne la chiesa.
Visto che sono sempre affascinata dalle leggende, vi racconto questa. Una vecchia lega il nome dell'isola ad un episodio di 2.000 anni fa, quando un pastore arrivato sull'isola, in una mattina di primavera, si era innamorato a prima vista della bellissima Tamara. Anche la ragazza da subito ricambiò il sentimento. I giovani innamorati si incontravano la sera per non farsi sorprendere del padre della ragazza, sacerdote dell'isola. Lei lasciava una candela sugli scogli e il pastore seguendo la luce a nuoto raggiungeva l'isola. Il padre quando li scoprì rinchiuse la figlia e in una notte tempestosa e tolse la candela che si trovava tra gli scogli. Il giovane che si tuffò nel lago sfidando le intemperie, e senza luci di riferimento, morì affogato. Le sue ultime parole furono: Ah Tamara! Per la leggenda Akdamar è la versione turca di questa esclamazione.
Ma torno alla mia visita. L'isola è molto piccola, ma deliziosa e le acque del lago invitano a tuffarsi. Tra di noi c'è chi fa il bagno, io purtroppo per oggi rinuncio. Le acque contengono molto sodio e sale. Sono adatte per lavare il bucato senza detersivo. Solo una specie di pesci riesce a sopravvivere a queste caratteristiche. Sono pesci che somigliano alle aringhe e son considerati particolarmente buoni. A causa dei primi problemi intestinali regalatimi dall'aranciata, non faccio il bagno. Caspita, ero arrivata fin qui e mi spiace rinuciare ad un tuffo. Gli altri ragazzi dicono che appena fuori dall'acqua si ha la sensazione di avere dell'olio sulla pelle.
Visitiamo la chiesa assolata, che sulle pareti esterne è elegantemente scolpita con episodi biblici dell'Antico e Nuovo Testamento. Adamo ed Eva, Abramo in procinto di sacrificare Isacco, Davide e Golia, Giova e la balena con la testa di cane ed altri. Il tetto della chiesa è a punta. Entriamo all'interno per ammirare le pareti affrescate.
Sull'isola a parte la chiesa, un bagno e un bar, c'è un cimitero armeno, uno dei pochi rimasti. Camminiamo ammirando le lapidi tra l'erba gialla e l'azzurro del lago. Passando da queste parti l'isola merita davvero una gita, posto incantevole ! Piccolo gioiello turco ! Che meraviglia, son contenta di essere passata di qua.
Risaliamo sul battello per tornare sulla sponda. Mi sorprendo quando un uomo con la compagna velata, mi guarda e quando lei si gira mi fa l'occhiolino. Ma come? Tanta osservanza per la moglie e lui che fa? l'occhiolino?! Par condicio, è..
Rientriamo con il battello e ci fermiamo a bere un cay con il ragazzo tedesco che è fidanzato con una ragazza turca, che vive in germania da 16 anni. Sono molto simpatici e mi offrono l'occasione per rispolverare il mio tedesco. Dobbiamo aspettare che sul bus arrivi abbastanza gente per partire. La ragaza turca lo trova assurdo e prova ad insistere, ma senza ottenere risultati. Per me il lago è così piacevole che trattenermi un'oretta non mi dispiace.
Riusciamo a partire e a tornare abbastanza velocemente a Van. Salutiamo la coppia germano-turca e proseguiamo la nostra esplorazione.
Prendiamo un bus per arrivare all'antica cittadella formata da una fortezza costruita su una rocca. Tremila anni fa, quando Van era chiamata Tushpa il suo castello era grandioso e dominava la città da uno sperone. Un re, Serdur II, scolpì sulla roccia in modo indelebile le parole “Io ho incendiato le città, io ho posseduto la terra, ho scacciato uomini e donne…” Il suo regno risale a otto secoli prima di Cristo. Siamo sempre in un libro di storia all'aria aperta, le sue pagine sono le verdi vallate su cui qui pascolano gli animali, le montagne tutt'intorno e lo specchio d'acqua che qui è davvero di un delizioso azzurro.
Con un altro bus si percorrono 5 km di periferia squallida e si arriva vicini alla riva del lago. Si sale da vicino a una moschea dove attiriamo subito l'attenzione. Le donne gesticolano e sembrano apprezzarci. Dei bambini ci seguono ripetendo in continuazione "this way, this way" e indicandoci sentierini inesistenti per questa altura rocciosa e terrosa. Sopra le nostre teste un cavo nero su cui vengono gettate carrucole. I bambini ci fanno segno di stare attenti. Qui, sulla rupe, ci sono il resti della fortezza e dell'antica Van. Risalenti addirittura a 3.000 anni fa sono le iscrizioni cuneiformi incise nella pietra e risalenti al regno di Urartu.
I ruderi dell’antica Van si trovano accanto alla cittadella che fu eretta sopra le rovine di Tushpa, risalente al nono secolo a.C.e che fu la capitale armena del regno di Urartu.
Incontriamo solo due ragazzi tedeschi che salgono scacciando i bambini. Dalla rupe si vede tutt'intorno. L'area sottostante è un prato che conserva solo qualche minimo ricordo del passato, che è li come fosse mutilato, distrutto dalla guerra. Da qui in alto si vede il lago e sulla costa non ci sono insediamenti umani, solo il prato che arriva fino alle acque azzurrine. Ora verso lo specchio d'acqua lacuste la foschia sfuma un pò l'orizzonte. Il sole sta quasi per tramontare e i toni dei colori sono più caldi. Tutt'intorno le montagne abbracciano questo paesaggio. Verso le montagne si sviluppa il paese. La sottile bellezza decadente di questo luogo è un pò malinconica. Sembra che questi sassi antichi siano qui in questo angolo dimenticato e un pò trascurato. I bambini sono sempre qui che non ci mollano. Ci chiedono i nomi, ridono dei miei occhiali grandissimi. Ad Ale mettono anche un pò di timore.
Con dispiacere dico che per la prima volta i bambini ci chiedono una mancia. Mi spiace, da bacchettona dico che è diseducativo. Mi chiedo quando il primo turista ha pensato di girare buttando monete ai bambini e rovinando il mondo. Dicono che non gli diamo i soldi ci buttano giù dalla rupe. Giuro che gliele suono di santa ragione, inzio a stare poco bene, e la mia bontà per i bambini è fuggita da un pezzo. Non molliamo soldi. Abbiamo solo pennarelli e caramelle, ma loro vogliono i soldi e allora nulla. Riscendiamo mentre ancora corrono per precederci e dirci incessantemente "This way..this way". Alla moschea ritroviamo gli adulti che ci offrono dei biscottini. Solita gentilezza curdo / turca, dico così anche se qui dovrebbero essere quasi tutti curdi.
Ci rimettiamo dove il dolmus ci ha scaricato nell'attesa che ripassi. L'ennesima gentilezza è il ragazzo del bar vicino che si alza e va a prendere due sedie in più. Ci sediamo con lui e chiacchieriamo delle solite cose. Ecco che torna il dolmus, torniamo in centro.
Nel percorrere le vie che portano all'albergo l'aranciata assassina torna all'attacco, oh, no! Entro di corsa nel primo esercizio che vedo, è un internet point, bene. Maledico il mondo quando vedo la rampa di scale che dovo farmi per arrivare, ecco, speriamo di arrivare! Non faccio in tempo ad aprire la porta che già sono alla toilette, che figura. Accendiamo un attimo il pc, paghiamo e torniamo in hotel, vedo che nonm sto bene. Come al solito non porto mai medicine in valigia e passo una notte infernale, in compagnia del noto male del viaggiatore.
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